Formigonians, la diaspora da Cl
Le parole di Gori sul “modello” del Celeste e le domande sulle prossime mosse della diaspora ciellina
E’ stato Giorgio Gori a gettare il sasso nello stagno. Spalancando porte e finestre alle truppe cielline, da anni sparpagliate in una diaspora (il dopo Formigoni) che rischia di mettere in forse la loro stessa sopravvivenza. Alla Festa dell’Unità di Treviglio – provincia bianca, nonché terra di antico radicamento ciellino – aveva spiegato di non aver mai votato per il centrodestra in Lombardia. Ma poi aveva tirato la bomba: “Formigoni era portatore di una visione chiara e di un pensiero forte”. Scatenando fulmini a sinistra. Tanto da dover poi rettificare, ma non fare marcia indietro: “Ho solo detto che Roberto Formigoni era portatore di un’idea forte della politica e della società”, ha precisato il sindaco di Bergamo, in corsa (per ora solitaria) verso la poltrona del Pirellone. Ma non si è limitato a fare un apprezzamento generico, dopo aver spiegato a chiare lettere che il popolo ciellino va conquistato nell’urna, ha fatto (coi necessari distinguo su trasparenza e legalità) un peana al “primo” Formigoni: “Alcune di quelle idee mantengono una loro attualità, il protagonismo della società, per esempio, con l’istituzione pubblica che resta centrale per agire però come generatore di energie e garante delle regole”. Insomma, dopo le dichiarazioni di voto a favore del referendum sull’autonomia lombarda voluto da Maroni, un’altra scelta anomala per chi sta tentando di tenere assieme il centrosinistra. Scelta del resto raddoppiata dall’imminente partecipazione di Gori al Meeting di Rimini. Mosse che non piacciono alla sinistra-sinistra: Francesco Laforgia (capogruppo alla Camera di Mdp) ne ha approfittato per chiedere le primarie e lanciare un candidato di bandiera (Onorio Rosati).
Ma l’aspetto più interessante è capire come le diverse anime del mondo nato attorno a don Giussani in Lombardia siano disposte a salire sul treno di Giorgio Gori, ma anche se troveranno posto, ovviamente. l’esperienza più recente non è incoraggiante. Il candidato sindaco Giuseppe Sala non esitò a scaricare dalla propria lista gli uomini della Compagnia delle opere, pur dopo averne apprezzato il sostegno elettorale. E’ noto che una parte della Cdo sia da sempre in ottimi rapporti con Renzi (e a livello locale con Gori), ma le posizioni sono diverse. Occhi puntati su Raffaele Cattaneo, braccio destro fin dal 1995 di Formigoni, suo capo di gabinetto e poi assessore a Infrastrutture e Mobilità della regione. Oggi Cattaneo è presidente del parlamentino lombardo e, per marcare le distanze da Alfano ed evitare gli strali di Matteo Salvini, ha cambiato nome alla formazione centrista fondando Lombardia popolare.
Da mesi si sussurra di una sua candidatura nella lista Maroni e sicuramente sarà uno dei più attivi portatori d’acqua del governatore uscente. Luigi Amicone, già coriaceo direttore di Tempi, è stato eletto in Consiglio comunale a Milano in quota Forza Italia ed è un alfiere (mediatico) del rilancio politico di una stagione – quella berlusconian-formigoniana – che fino a pochi mesi fa sembrava finita. Sfumate le posizioni di Maurizio Lupi, già ex astro nascente politico del movimento, poi ministro del governo Renzi, oggi è in sofferenza perché gli sta troppo stretta l’alleanza a sinistra, oltre tutto senza garanzie di successo. Sono in molti a pensare che potrà guidare la componente centrista pensata da Silvio Berlusconi per imbarcare i fuggiaschi. Massimo Ferlini, già presidente della Compagnia delle opere di Milano, ha invece costituito coi vecchi amici di origine Pci il circolo renziano “Meriti e Bisogni”. C’è chi dice che potrebbe essere la quarta gamba del progetto di Gori. Lui, per il momento tace, anche perché non ha particolare simpatia (politica) per la componente più estrema del cartello che dovrebbe sostenere da sinistra il sindaco di Bergamo. Anche se, prima di conoscere don Giussani, Ferlini era passato dalla scuola politica togliattiana, dove tutto o quasi era possibile. Per portare a casa la vittoria.