Gastel, l'occhio aristocratico di Milano e tutte le sue "Ladies"
“Non ho mai cercato di fare il viscontiano, ma mio zio mi ha insegnato a essere molto lombardo, questa grande serietà di metodo nel lavoro”. Chi è il dandy, fotografo e poeta più adulato della città
Chic e snob (solitamente il contrario di chi posta su Facebook) conta quasi 134 mila persone che lo seguono assiduamente. Ogni sua foto naviga tra i 4 e i 7 mila like più commenti che sfiorano l’adulazione. Quasi 50 mila follower su Instagram. Per dire, attuale e contemporaneo. Eppure Giovanni Gastel pare arrivare da un altro mondo pitturato d’antico, con il suo modo di vestire dandy, con i suoi atteggiamenti aristocratici, un fotografo poeta che oltre alle modelle immortalate dal suo obiettivo, posta pure versi, o frasi educate. Per la verità, il 90 per cento dei suoi “amici” sono “amiche”, perse dietro quelle parole che oscillano tra il damerino e il latin lover, modi dimenticati nell‘epoca spiccia dei produttori hollywoodiani. Se non fosse su un Fb ma nella vita reale, lo immagini che ti apre la portiera, che fa il baciamano. Ma nella vita reale, Gastel è proprio così. Rassicurante, evoca figure benpensanti, legate a solide regole di comportamento.
Tant’è che alla mostra che inaugurerà questa sera allo Spazioborgogno in Ripa di Porta Ticinese, le sue amiche di Fb le ha invitate tutte. Attese davvero, invece, le amiche milanesi. Ad ammirare le 70 fotografie raccolte in un titolo che dice chiaramente il contenuto: “My Ladies”. Muse che hanno ispirato il lavoro di Gastel nel corso dei suoi 40 anni di professione, presentato di recente in un’antologica a lui dedicata a Palazzo della Ragione di Milano e curata da Germano Celant. La mostra allo Spazioborgogno (fino al 25 novembre), curata da Valerio Tazzetti e Nicola Angerame per la galleria Photo & Contemporary, parla alle donne in un linguaggio imparato dalla generazione femminista cui il maestro appartiene. “Ognuno di noi costruisce la propria estetica su una parola, la parola che si cerca, la parola che ti rappresenta e fin da ragazzo per me è stata la parola eleganza che è anche un valore di tipo morale e non solo estetico”. E in fatto di eleganza le donne milanesi lo sono in un modo understatement, sotto le righe, un’eleganza che consiste nel non essere notati, mai appariscente, mai esagerata. Per questo, i nomi di spicco del vernissage non possono che appartenere a quella società milanese che Gastel ha portato in giro per il mondo e influenzato il suo lavoro. “Ho addosso l’impronta della mia città”. Che da poco ha portato anche a Shanghai dove è stata inaugurata una sua mostra sulla moda cinese prodotta dalla città di Shanghai attraverso lo studio Attila (sede cinese) di Andreina Longhi.
Tanti i ritratti alle milanesi. Gioia e Bedy Moratti, Martina Colombari (ormai milanese), la cugina Osanna Visconti di Modrone, designer di gioielli, Bianca Balti. E le altre che arrivano per essere con l’amico. Chiara Beria d’Argentine con il figlio Emanuele Farneti (direttore di Vogue), Emanuela Schmeidler, Letizia Moratti, Matilde de’ Medici, Marta Brivio Sforza, Giuliana Clerici, Ughetta Radice Fossati, Raffaella Curiel, Anna Gastel, Allegra Bossi Pucci, Cecilia Colussi. Piace alla gente che piace, Gastel. Figlio di Ida Pace Visconti di Modrone e dell’imprenditore Giuseppe Gastel, nonché nipote di Luchino Visconti, con cui compie la sua prima formazione estetica e culturale in ambito teatrale. “Non ho mai cercato di fare il viscontiano, ma mio zio mi ha insegnato a essere molto lombardo, questa grande serietà di metodo nel lavoro”. Ci vuole un approccio milanese anche nell’arte. “Credo poco alla figura ottocentesca dell’artista che beve l’assenzio e si butta nel fiume”. Crede a Picasso, appunto, che disse che il genio sono almeno otto ore di lavoro al giorno. E lui lavora sodo da sempre. Dai primi anni Ottanta Gastel ha collaborato con più di 50 testate italiane e internazionali e pubblicato circa 130 copertine; ha prodotto più di 500 tra campagne e cataloghi per diverse maison di moda e grandi firme di beauty, gioielli e design; ha scattato più di 300 ritratti in bianco e nero e a colori. I suoi 40 anni di fotografia sono stati segnati dall’uso privilegiato del banco ottico e delle lastre Polaroid 20 x 25, per poi aprirsi alle tecnologie digitali. Lavoro e idee. Come la doppia faccia di Milano: rigida ma anche fantasiosa e creatrice. E Gastel è uno dei suoi figli prediletti.