Mental Piazza Affari
Sull’onda dell’ottimismo borsistico ci prova anche Roberto Re. Sui carboni ardenti
Magari dei suoi consigli avrà bisogno Leo Bonucci, capitano un po’ in ansia del Milan, in lite persino col suo mental coach, Alberto Ferrarini. Ma chissà se l’ex componente della Bbc seguirà le orme del suo vecchio capitano, Gigi Buffon, che aveva investito in Borsa rilevando e controllando dal 2009 al 2016 il marchio Zucchi con risultati non proprio da Champions, e investirà una parte dei suoi soldini (con 7,5 milioni netti all’anno è il calciatore rossonero più pagato in assoluto della nuova era Li-Elliott) mettendo un chip nella complessa opa che Roberto Re – il mental coach che in tempi non sospetti si era auto-definito “allenatore dell’anima” – ha lanciato su Gequity per portare a Piazza Affari la sua camminata rifocillante sui carboni ardenti. E’ in questo intreccio tra sport, psicologia e finanza che si sviluppa il profilo del genovese Roberto Re, mental coach a suo dire numero uno in Italia, con 25 anni di storia, qualcosa come 300 mila partecipanti ai propri corsi tenuti grazie a 20 centri sparsi sul territorio nazionale e con una produzione letteraria imperdibile (come rinunciare al tomo “Smettila di incasinarti”) che gli ha fatto vendere – anche se numeri ufficiali non ce ne sono – più di 600 mila copie, al punto che Mondadori lo ha promosso a curatore della collana Libri da leader. Ed è lui, questo professionista della psiche, questo stimolatore di emozioni e vibrazioni che ti fanno cambiare la vita, nonché importatore ufficiale in Italia della rilassante ed energizzante camminata sui carboni ardenti che tra qualche settimana farà il suo ingresso in Borsa, passando dall’entrata laterale, ossia l’opa della sconosciutissima ma quotata, e pure da tanto tempo, Gequity.
Un guru, insomma, che andrà a far compagnia in quanto a formatori provetti quotati al “nudge” Alfio Bardolla (vedere GranMilano del 12 ottobre), altro coach finanziario mica da ridere che secondo voci di corridoio proprio da Re ha imparato l’arte della formazione di massa, della potenza delle parole da ripetere a centinaia di adepti. E che Re sia, almeno per chi lo conosce e frequenta, il number one lo certificano o certificherebbero vari vip, come Roberto Mancini, e le tante aziende che si sono rivolte a lui (Ibm, Deutsche Bank, Mps, Cisco, Telecom, Pirelli, Tecnocasa) nonché i commenti lasciati sul suo sito personale (pacatamente traboccante di successi, trionfi, traguardi e congratulazioni varie) da alunni o testimonial d’eccezione quali Flavio Briatore, don Antonio Mazzi, Dan Peterson e persino Beppe Marotta che forse poteva consigliarlo direttamente a Bonucci qualche anno fa, prima di farlo andare via con tanto di maxi plusvalenza. Ed è allo sport che il mental coach fa consulenze di primo livello: è stato pure alle Olimpiadi del 2012 a fianco della Federazione azzurra di beach volley femminile e di Jessica Rossi, già campionessa mondiale 2009 di tiro a volo.
Solo che a voler essere pignoli e a vivisezionare il tutto c’è qualche cosa che non torna, almeno sulla carta, contabile. Perché se davvero il gruppo di Re è quello descritto finora non si capisce come mai una simile attività che fa proseliti a non finire, essendo numero uno in Italia – fatturi solo 3,76 milioni (il dato è relativo all’ultimo bilancio approvato, quello chi è chiuso il 31 agosto 2016), poco meno della metà del giro d’affari dell’ex adepto Bardolla (6,44 milioni) che anche online riferisce di meno libri, meno corsi e meno clienti. Poi, è vero, l’allenatore di anime genovese i conti li sa far quadrare visto che la sua Hrd Italia ha chiuso l’esercizio triplicando l’utile.
Nonostante, tutto ciò Re vuole portare il suo emotional fitness, i suoi programmi Fly (“Find the leader in you” che suona più bello), la sua leadership University e il personal coaching – di tutta questa offerta non si conosce il costo, per la cronaca – a Piazza Affari, forse per far camminare o ballare sui tizzoni ardenti gli azionisti, visto che ha deciso di puntare su una scatola vuota, quasi decrepita che risponde al nome di Gequity e che langue da anni sul listino milanese dopo il fasti secolari delle vecchie gestioni. Sì, perché Gequity nasce sulle ceneri di Investimento&Sviluppo che a sua volta, come l’araba fenice, è risorta dalla carcassa della storica Centenari e Zinelli, holding industriale (settori tessile e plastico) fondata nel 1907. Re, dal maggio scorso, attraverso Hrd Italia controlla saldamente il 50,5 per cento di questo ectoplasma che perde quasi 200 mila euro su 340 mila di fatturato e che da tempo non ha più una sua vera finalità operativa. Anche perché è stata protagonista suo malgrado di alcune vicissitudini giudiziarie che hanno portato al doppio arresto, prima nel 2014 (aggiotaggio) e poi nel 2016 (bancarotta) del suo ex socio di riferimento e presidente Corrado Coen, coinvolto nei crack di altre società (Moviemax e Hi Real). Insomma, una matassa non semplice da dipanare tanto più che da mesi la Consob ha acceso un bel faro su questa operazione chiedendo maggiori delucidazioni sull’opa promossa dalla Hrd di Re al punto da farla slittare dallo scorso luglio allo scorso 16 ottobre. Finora le adesioni sono davvero ridotte al lumicino: solo 2.295 azioni sono state consegnate sulle 52,877 milioni oggetto dell’offerta che scade a inizio novembre. Forse ci vorrà un corso accelerato di mental coaching a questi azionisti reticenti.