I complessi freudiani di Milano
Sogni, incubi, scissioni e candidature. Il voto siciliano agita tutti. Soprattutto i centristi
C’è una frase che i siciliani mettono più o meno su ogni brochure che capita loro di dover stampare. Una frase su Palermo di Sigmund Freud riportata in un vecchio simpatico volume di Giancarlo Ricci, “Le città di Freud”. Recita: “Palermo è stata un’orgia inaudita, che non bisognerebbe concedere a sé soli”. Chiariamo che si tratta di un’orgia di colori e bellezza (in tempi di denunce con l’hashtag #metoo, meglio specificare). Varrebbe la pena ricordare che nello stesso libro, un po’ prima, Freud ne dice un’altra, che i milanesi – schivi come i loro cortili – non ricordano mai. Questa: “Per quanto ne sappia di città italiane Milano mi sembra la più industriosa, direi quasi la più europea, il posto adatto”. Freud a parte, che cosa lascia l’orgia del voto siciliano alla città più industriosa ed europea? Ecco sei cose su cui ragionare.
VOGLIA DI SECESSIONE - Indubbiamente Angelino Alfano è un po’ testone. L’uomo senza quid, “quelli del Nord” pare proprio che non li voglia ascoltare. Loro, quelli che in Lombardia governano con Roberto Maroni, che sono in coalizione e in maggioranza, che gestiscono (peraltro in certi casi abbastanza bene) partite complicate, glielo avevano detto che allearsi con Renzi in Sicilia non poteva funzionare. Non ha funzionato, e il povero Alfano oltre a non avere il quid, ora non ha neppure un seggio all’assemblea regionale siciliana. Quindi, i centristi del Nord, quelli di Maurizio Lupi e Raffaele Cattaneo, pare che abbiano messo un aut-aut bello grosso. O si va con il centrodestra, o noi andiamo per la nostra strada. Del resto, i voti dell’ultima tornata delle amministrative continuano a far ben sperare Colucci e soci. Del resto, Maroni non è Salvini. E quando finiranno di fare a cornate per chi deve guidare i centristi, Parisi potrebbe fare da lievito a Lupi, o viceversa.
VOGLIA DI PROGRESSIONE - A proposito di Parisi, va avanti come un treno. Del resto, di c’è poco da fare: o si sfonda o si muore. La prossima sfida, per l’uomo arrivato a un passo dalla poltrona più alta di Palazzo Marino, sarà anche l’ultima, in caso di sconfitta: schiererà liste a tutte le regionali e in tutti i collegi delle politiche. O raggiunge la massa critica, o passa lo sbarramento, o il percorso si fa troppo impervio. I parisiani pare che si vedranno con gli ex alfaniani (pronuncia: accento su “ex”) la settimana prossima per cercare di capire come avviare la secessione del Nord. Lui, intanto, fa quello che gli viene meglio: parla di contenuti. Il 2 e 3 dicembre prossimi, nel suo “tempio” (ovvero il Teatro Franco Parenti), presenta il programma di governo di Energie per l’Italia. Un lavoro corale, al quale hanno partecipato anche Giancarlo Cesana, Gabriele Albertini e il generale Mario Mori.
VOGLIA DI CORTEGGIAMENTO - “Secondo noi alla fine qui, a Milano, riusciremo a fare un soggetto unitario per la sinistra”. L’auspicio è di quelli ambiziosi, nel foyer del Consiglio regionale lombardo. Testo e musica di alcuni esponenti dem alle prese con un Roberto Maroni in netto vantaggio e con la rottura di Mdp che si dimostrerà una vera rottura sia per la legge elettorale nazionale (senza coalizione, sarà cappotto centrodestra) sia per la consultazione delle regionali, nella quale il tentativo (un po’ ingenuo, in verità) di cambiare le regole e far diventare le regionali a doppio turno è miseramente fallito. Insomma, il Pd è indietro e forse indietrissimo. E per recuperare il tempo inizia a stringere. Articolo 1 butta la palla lunga e pedalare verso l’inizio di dicembre, quando nascerà il partito di Grasso. Però l’ottimismo – come dicevano i dem nel foyer e pure quella pubblicità di elettrodomestici – è il profumo della vita. Anche perché c’è chi scommette che prima o poi lo scazzo tra Maroni e Salvini verrà davvero fuori.
VOGLIA DI NORD - Quindi, a proposito dello scazzo Maroni-Salvini, ricapitoliamo. Maroni parla con Berlusconi (chez Isabella Votino), Salvini ci va a cena assieme alla Meloni (ma non parla di politica, pare). Salvini “prende di punta” il suo sfidante Gianni Fava dopo il congresso, Maroni lo salva nominandolo delegato per il referendum. Maroni vince il referendum per l’Autonomia (autogol clamoroso dei pentastellati che continuano a non capire come funzionano i giornali). Salvini ottiene un risultato così così in Sicilia, ma supera l’asticella ed entra all’Assemblea e gioisce. Gioisce anche di più perché Zaia in Veneto con il referendum ha fatto il cappotto. Test per un candidato (governatore): che cosa succede mescolando tutto? E in subordine: chi decide le candidature ai collegi plurinominali (merce pregiata e tanti posti facili)? Chi decide le candidature alle regionali?
NEL NOME DI DE ROSA - Colpo di scena per il Movimento 5 stelle. Il favoritissimo per la candidatura alla Regione, Stefano Buffagni, se ne va a Roma. Al suo posto arriva Massimo De Rosa, parlamentare, che probabilmente aspira – insieme a Violi e Casalino – a sfidare Maroni. Chi non si ricandida è Silvana Carcano, che sfidò il Bobo cinque anni fa. In un lungo post su Facebook ringrazia praticamente tutti i suoi colleghi in Consiglio. Tranne Buffagni. Storie tese sotto le cinque stelle.