Il magico mondo di Lella Curiel, anteprima della Prima della Scala
Il Teatro di Milano è il secondo marchio italiano più conosciuto al mondo dopo la Ferrari. E da anni la stilista contribuisce a vestire le più belle donne del mondo che assistono alla Prima
Mr Zhao dice che il Teatro alla Scala è meno conosciuto di quanto si creda, in Cina, e che il lancio del marchio Raffaella Curiel nel paese contribuirà a diffonderne la fama”, dice la stilista, abbigliata sur son trente-et-un per il lancio del libro “The magic world of Curiel” nella Sala dell’Ermellino di via Giovannino de Grassi, luogo magico nel cuore della Milano rinascimentale da cui si irradia, attraverso il nipote Piero Maranghi e il figlio Gaetano Castellini, (già collaboratore di Letizia Moratti nella gara per l’Expo), il potere non trascurabile del clan Curiel sulla città.
Il Teatro alla Scala di Milano è il secondo marchio italiano più conosciuto al mondo dopo la Ferrari. Il mondo è però, e anche, volontà e rappresentazione, dunque è possibile che Raffaella Curiel, “la Lella” con l’articolo qualificativo che a Milano è segno di rispettoso affetto, in cinquant’anni di carriera abbia vestito di alta moda forse più donne nel mondo di quante abbiano mai assistito alla Prima della Scala, che resta comunque il suo cavallo di battaglia e il suo primo palcoscenico, e che dunque un po’ di ragione ce l’abbia. Ogni anno, le cronache mondane del 7 dicembre riportano il suo nome una media di dieci volte, accanto all’immagine di signore che, se non sono ancora abbastanza conosciute in questa piccola città, anche grazie a lei ambiscono a diventarlo. Il “curiellino”, petite robe da giorno con orlo rigorosamente al ginocchio, è un must per le ragazze bennate da generazioni. Gli abiti da sera sono doviziosi: spesso guardano all’opera o all’arte figurativa; qualche anno fa alle opere di Walter Scott e di Shakespeare da cui il melodramma italiano deriva. La madre di Raffaella Curiel, Gigliola, iniziò a “vestire la Prima” nel 1948, quando ancora si svolgeva il 26 dicembre (andò in scena il Trovatore con la direzione di Herbert von Karajan; fu anche l’anno della nomina di Ghiringhelli alla sovrintendenza).
Da allora, la linea femminile Curiel, che si tramanda l’arte della sartoria dai tempi in cui Ortensia aprì un piccolo atelier a Trieste, alla fine dell’Ottocento, non ha mai smesso di affiancare il proprio nome a quello del teatro del Piermarini. Dunque, dopotutto, fa benissimo a valorizzare l’abbinata Scala-Curiel anche Mr Yizheng Zhao, numero uno del gruppo Redstone, che in Cina ha portato marchi come Salvatore Ferragamo, Valentino e Saint Laurent e che a maggio del 2016 ha acquisito il pacchetto di maggioranza della società stringendo un accordo con Raffaella Curiel e la figlia Gigliola Castellini, artefice della linea di pret-à-porter, per assicurare la continuità stilistica alla newco. “Le foto della mamma adesso sono ovunque”, dice con orgoglio Lella Curiel, che la perse alla fine degli anni Sessanta diventando, giovanissima, responsabile dell’atelier. Nel libro sfilano volti leggendari come quelli “della Enrica Invernizzi” con i suoi gioielli strabilianti, di Anna Casati Stampa che avrebbe fatto quella fine orribile, di quella “certa Milano” che adesso ci sembra meno chic e che forse, fra qualche anno, ci apparirà elegante come mai avremmo creduto.