Dove andrà Alternativa popolare?
Quant’è difficile trovare la via del Centro. Tra Parisi col programma e il Cav. col popolo
Frasi selezionate dalla gloriosa storia della Dc in vista della scelta decisiva di Alternativa popolare, ex Nuovo centrodestra, di andare (forse) con la sinistra e il Pd a livello nazionale gettando nello sconforto (chi più e chi meno) il livello regionale e locale.
GIULIO DIXIT. “In politica i tempi del sole e della pioggia sono rapidamente cangianti”. Pare proprio che bisognerà aspettare qualche giorno di più per capire come finirà tra Alfano, Lupi e Lorenzin: da domani, come previsto in un primo tempo, a lunedì prossimo. Per ora sul tavolo le mozioni sono due, e sono note. Quella di Alfano rema verso il Partito democratico di Matteo Renzi. Quella di Lupi verso l’indipendenza per posizionarsi con il centrodestra o il centrosinistra a seconda dei territori. Nelle ultime ore Lupi sta cercando di fare scouting estremo, per convincere più membri possibile del direttivo nazionale. Dalle indiscrezioni pare che però la sirena di Renzi sia molto forte: avrebbe deciso di fare un mega contenitore moderato garantendo seggi uninominali e posti sicuri, purché Ap abbia una frontwoman: Beatrice Lorenzin. Alfano potrebbe ritirarsi ad Agrigento a combattere la sua battaglia in attesa che le elezioni decretino il peso specifico dei centristi.
AMINTORE DIXIT. “In politica le bugie non servono”. In Lombardia la via di sinistra per i centristi non è percorribile. A dirlo chiaro e tondo è stato il presidente del consiglio regionale Raffaele Cattaneo. Pure la via “autonoma” è molto stretta, però. Chi ha la memoria a breve termine ricorda che Gabriele Albertini non entrò in Consiglio anche se era candidato presidente. E allora, con un Giorgio Gori posizionato su ridotte molto moderate, con un Roberto Maroni più forte di cinque anni fa, che spazio di manovra c’è? Assai poco. Infatti c’è chi cerca strade. Si vocifera del consigliere Capelli, che in tempi non sospetti votò Sì al referendum. Per lui Gori è un approdo possibile. Luca Marsico si è stabilito in Forza Italia da tempo. Verso il centrodestra sicuramente vanno Luca Del Gobbo e Mauro Parolini, oltre al già citato Raffaele Cattaneo. Nava e Piazza sono gli uomini di Stefano Parisi. E proprio qui si arriva, come punto di caduta: la casa di Stefano Parisi.
ALCIDE DIXIT. “Solo se uniti saremo forti”. Stefano Parisi dice parole chiare, al Foglio, e chi ha orecchie per intendere intenda. “Il centrodestra non ha bisogno di liste civetta. Per avere una maggioranza di governo deve avere una offerta politica che riporti nell’ambito del centrodestra i milioni di voti che ha perso nel passato e che non sta recuperando. Per far questo bisogna avere una offerta nuova che ricostruisca la fiducia delle persone nei confronti della politica. Ed è interesse del centrodestra che ci sia un simbolo giallo sulla scheda a cui la gente può guardare con spirito di rinnovamento tornando alle origini cristiane e liberali. Ad Ap dico che devono far parte di questo progetto. Questo vale per il livello nazionale e per il livello lombardo”. Anzi, di più. “Sì, di più, perché a livello lombardo c’è tutto il radicamento di Maurizio Lupi e di Comunione e Liberazione. Loro sono radicati, noi anche: insieme possiamo avere un buon risultato elettorale per tornare ad essere protagonisti dello sviluppo di Regione Lombardia nei prossimi cinque anni”.
CIRIACO DIXIT. “Berlusconi è legittimato dal voto popolare”. E di popolo, all’Hotel Gallia, ce ne è stato parecchio domenica scorsa: categorie professionali, ordini, imprenditori, sindacalisti, semplici elettori. Il centrodestra – nonostante le divisioni e l’inconsistenza di una parte del suo gruppo dirigente – è tornato col vento in poppa. In effetti la convention #IdeeItalia organizzata da Mariastella Gelmini a Milano ha avuto numeri da capogiro: 150 relatori e migliaia di partecipanti. Temi: dalla flat tax al lavoro flessibile, dal welfare alle periferie. Ed ospiti non scontati. Per il segretario della Cgil di Milano, Massimo Bonini, non sono previste “tentazioni” berlusconiane, per uomini come Pietro Ichino, Roberto Cingolani (Itg), Giorgio Squinzi (Mapei) o Nicola Rossi, il terreno di un confronto si è fatto più largo. E in Lombardia? Forza Italia sembra minacciare la leadership della Lega. Perché se da una parte Roberto Maroni si presenta con la faccia pulita da governatore dinamico e onnipresente, Matteo Salvini, dopo la deludente prova alle amministrative nel Sud, mastica amaro. Con la necessità di marcare la differenza da Berlusconi e una porta socchiusa alle armate di Grillo, Salvini stenta a trovare l’assetto di combattimento. E ormai l’idea di tenere inchiodato Berlusconi alla sentenza di Bruxelles è tramontata: l’uomo è in campo. Dopo le feste natalizie arriverà la prova del fuoco – più che nel programma (da sempre assai immaginifico) – nella scelta dei candidati e dei collegi da assegnare: merce difficile da trattare per chiunque. Ma Silvio, si sa, naviga da parecchio e le acque le conosce.