Cosa c'è da sapere sull'election day nazional-lombardo
Come ci si può preparare per l’election day del 4 marzo, che porterà al voto l’Italia, la Regione Lombardia e alcuni comuni importanti a livello amministrativo
Secondo uno studio dell’Humanitas, gioiello milanese, a Capodanno si ingurgitano tante calorie quanto due pasti normali. Più moderate le celebrazioni per la Befana. Ora che è arrivata anche l’Epifania, ci si può iniziare a preparare per l’election day del 4 marzo, che porterà al voto l’Italia, la Regione Lombardia e alcuni comuni importanti a livello amministrativo.
QUESTIONE DI NUMERI - Roberto Maroni non è neppure partito con la campagna elettorale. E pare proprio che potrebbe fare come Albertini alla riconferma: di fatto neppure impegnarsi più di tanto, se non per l’ultimo periodo, perché insomma i sondaggi che ha sul tavolo lo danno vincitore con oltre il 50 per cento. E poi c’è l’onda di destra nel paese. E poi c’è la sinistra divisa e atomizzata. E poi la Regione non è stata sciolta per ’ndrangheta, come la volta scorsa. Insomma, Maroni si sente sicuro. Poi però il Pd scodella un sondaggio Ipsos che dà Maroni avanti rispetto a Gori di soli 6 punti. E allora il grande capo leghista potrebbe decidere di accendere una buona volta il motore. Di certo lo stanno facendo i consiglieri regionali, che soprattutto su Milano si giocano la partita delle preferenze. Lo sta facendo Giulio Gallera, assessore alla Sanità, che batte tutto il territorio senza requie. Lo sta facendo Silvia Sardone, per la quale si preannuncia un boom di preferenze. Lo sta facendo Fabio Altitonante. Ci sono gli aspiranti: come Gianluca Comazzi. E c’è la grande incognita della Lista Maroni. Il governatore, a un certo momento, aveva messo tutti in agitazione, annunciando che non ci sarebbe stata più. E pare proprio che gli interessati abbiano minacciato di non far passare il bilancio in Consiglio. Crisi rientrata dopo le necessarie rassicurazioni. Però Maroni ha in serbo un’idea che comunque metterebbe in crisi gli uscenti: far confluire centristi e parisiani nell’unico contenitore della lista. Con il risultato che gli squali delle preferenze nuoterebbero insieme ai pesciolini, e gli esiti che ci si può immaginare.
LA STRADA DI GORI - Agende pienissime, incontri praticamente ovunque. Il fedelissimo Cristoph Sanchez a presidio di Bergamo. Raccolta fondi avviata. “Abbiamo rodato le macchine, e adesso siamo prontissimi“, raccontano i suoi, ottimisti. Giorgio Gori ripete che bisogna dare una motivazione a questa “scelta folle” di candidarsi contro un fortissimo come Roberto Maroni. Nel Partito democratico ancora alcuni nodi non sono sciolti, anche se tutti derivano più che altro dal nazionale, come la questione dei Radicali, e anche la questione di Liberi e Uguali, che con tutta probabilità schiererà Onorio Rosati candidato governatore. E così, Gori si troverà un competitor sul lato sinistro. Non fortissimo, forse. Ma abbastanza da infastidirlo. Incassa però la rassicurazione che Giuliano Pisapia ci sarà, nella sua campagna, in modo attivo. L’avvocato ex sindaco di Milano, dopo la grande delusione e il ritiro conseguente di Campo Progressista dal piano nazionale, terrà comunque a battesimo “i Progressisti“ arancioni a livello regionale e ha assicurato al sindaco di Bergamo che si spenderà pubblicamente per lui per provare la rivoluzione dopo vent’anni di governo di destra in Regione. Certo, qualche dettaglio è ancora da affinare, come il ruolo che avranno gli uomini di Franco D’Alfonso, già ideologo arancione ai tempi dell’epopea del 2011.
GLI UOMINI DI SALVINI - Ce ne sono due che, sotto la Madonnina, spiccano. Volti poco noti, forse, al grande pubblico, ma che parlano a mondi preziosissimi per Matteo Salvini perché lontani dal populismo più di lotta che di governo. Il primo è quello di Stefano Bolognini, ex assessore provinciale, oggi nella segreteria di Simona Bordonali in Regione Lombardia. Bolognini è l’uomo che conosce tutte le istituzioni, tutti gli enti, tutte le associazioni di categoria. Per lui si è parlato di un posto a Roma, come parlamentare, anche se in effetti pare possa rimanere sotto la Madonnina magari con un ruolo più centrale. Il secondo invece sarà uno dei recordman delle preferenze. Segnatevi il nome, anche perché è difficile non siate entrati in uno dei suoi locali (ormai, una decina nei posti più cool di Milano): Gianmarco Senna. Pelatissimo, tatuaggio che si inerpica dietro il collo, camicia bianca sbottonata a far pendant con le scarpe da ginnastica bianche, è uno che quando si siede a fare un’intervista in uno dei suoi ristoranti, affacciati su via Vincenzo Monti, un occhio lo tiene fisso sull’interlocutore, l’altro su tutto il personale che nel frattempo prepara il servizio serale e gli aperitivi. “Parlo al mondo che fa impresa“, dice lui. Bisognerà vedere se l’opzione salviniana in salsa meneghina non risulterà indigesta.