IL Candidato Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana inizia la campagna elettorale al mercato comunale di Via Maroncelli (foto LaPresse)

Cosa succede se a Palazzo Lombardia darà le carte Berlusconi

Daniele Bonecchi

Attilio Fontana è uno degli uomini più moderati della Lega. Ma se non dovesse farcela il 4 marzo la responsabilità sarebbe tutta di Salvini

Comunque vada sarà un successo. Per Silvio Berlusconi. Il romanzo dell’abbandono della politica e della Regione di Bobo Maroni ha il sapore di un racconto a puntate. Non mancheranno certo i mari procellosi, ma a leggere tra le righe si capisce subito che il diavolo sta nei dettagli, che i protagonisti fanno fatica a tenere nascosti. Scenari con vista nazionale, per il centrodestra, ma sullo sfondo – ma neanche tanto, perché conta eccome – la Lombardia. Si vota tra 52 giorni. Il corpo a corpo tra il pallido ma tenace già sindaco di Varese, Attilio Fontana, e la pantera di Leno, Mariastella Gelmini – che in un amen ha smantellato la lista concorrente per il Pirellone di Stefano Parisi – si è risolto ai punti, col viatico di Alessandra Ghisleri. Ma se Fontana non dovesse farcela la responsabilità sarebbe tutta di Matteo Salvini. E questo peserà in chiave locale e pure nazionale. Il vantaggio del centrodestra – secondo i numeri fatti circolare – sarebbe inarrivabile. Ma si vedrà solo il 4 marzo quanto di vero c’è nell’ottimismo della compagine che ha guidato fino ad oggi il Pirellone. Comunque vada, con la candidatura Fontana la partita si riapre, tanto è vero che anche Liberi e Uguali sta ragionando, su pressione di Pietro Grasso, se non sia il caso di sostenere Giorgio Gori. E anche la Cgil regionale è scesa in campo per sostenere l’unità della sinistra: “Riteniamo che sia necessario e doveroso provarci fino alla fine”, spiega Elena Lattuada segretario regionale del sindacato rosso. Ma se la Regione dovesse restare nelle mani del centrodestra, con un presidente senza il carisma di Maroni, Berlusconi potrebbe rafforzare il suo sistema di potere. Attilio Fontana è uno degli uomini più moderati della Lega. Nel partito da più di trent’anni (un personale rapporto prima con Umberto Bossi e poi con Maroni) nel 1995 si è candidato a sindaco di Induno Olona, il paese vicino a Varese dove suo padre lavorava come medico condotto. Dal 2000 al 2005 è stato presidente, con riconosciuto equilibrio, del Consiglio regionale. Poi sindaco di Varese per due mandati e anche apprezzato (pure a sinistra) presidente dell’Anci Lombardia. Posizione dalla quale, vale la pena ricordarlo, fu tra i più combattivi nella battaglia contro il ministro Tremonti (dunque il governo in cui la Lega aveva un riuolo chiave) per ottenere un patto di stabilità interno, cioè per gli enti locali, meno rigido.

 

Ora prepara la sua corsa al Pirellone. Ma a dare le carte, ipotesi facile, sarà più di prima, Forza Italia. E non solo perché la decisione di chiedere un passo indietro a Gelmini avrà una contropartita, ma soprattutto perché la prossima Giunta lombarda avrà una componente forzista d’attacco. Fuori dai giochi lombardi Maroni, per il partito del Cav. si può aprire una prateria in Giunta e nelle partecipate. Complice anche il forte ridimensionamento dei cespugli: la diaspora di Cielle, e del partito di Angelino Alfano, col ministro Beatrice Lorenzin, orientato a sinistra, la presenza di Energie per l’Italia e altri ricollocamenti. La lista Maroni (valore 10 per cento) tramutata dalla sera alla mattina nella “lista del Presidente”, sarà sicuramente più debole, e c’è anche chi ricorda che a Varese, Fontana candidato sindaco, non volle presentare mai una lista civica legata al suo nome. Le caselle che contano in Regione, dopo il presidente, sono il Bilancio, il Welfare (Sanità), le Attività produttive, il Territorio. Gli uomini forti che Forza Italia può mettere in campo sono sicuramente Giulio Gallera (molto vicino a Paolo Romani), attuale assessore al Welfare, che ha pilotato con discreto successo la riforma lombarda; Fabio Altitonante, già assessore provinciale al territorio di Milano; Alessandro Sorte (cresciuto sotto l’ala di Mariastella Gelmini), già con la delega a Mobilità e Infrastrutture. Ma la madre di tutte le partite viene giocata sulle partecipate. Prima di lasciare il Pirellone Maroni ha costituito con Anas (ora Fs) e Infrastrutture Lombarde una nuova holding: Lombardia Mobilità, che gestirà strade e autostrade della Regione e potrà avviare una razionalizzazione nel sistema ferroviario e nel trasporto pubblico locale, dove la Lombardia può contare su partecipazioni importanti in Ferrovie Nord e Trenord. Infrastrutture Lombarde oggi è guidata da Giuliano Capetti, come amministratore unico, già assessore ai Trasporti della Provincia di Bergamo e poi capo della segreteria dell’assessore Alessandro Sorte, e da Guido Bonomelli alla direzione generale, leghista doc. A breve verrà definito l’organigramma di Lombardia Mobilità per la quale Anas rivendica la casella dell’ad, ma i giochi sono aperti. Poi ci sono Finlombarda, Lombardia Informatica e Arpa (Ambiente). Il regno gestito con lungimiranza (e qualche incidente di percorso) da Bobo Maroni, domani potrebbe scivolare gradualmente sotto il controllo degli uomini di Silvio Berlusconi.