Non è "Cassandra Crossing". Che ne sarà dei treni dopo Pioltello
Lombardia Mobilità, investimenti, strategie del trasporto locale. Trenord, ruolo di Fs e Rfi. Parola ai tecnici
Sono in molti a chiedersi che fine farà il trasporto ferroviario regionale dopo l’incidente di Pioltello. Come nel film “Cassandra Crossing”, c’è chi pensa che la rete ferroviaria lombarda finisca sul binario morto e poi, giù in fondo al baratro. Ma le mosse della Regione, con la nascita di Lombardia Mobilità (Fs-Anas e Infrastrutture Lombarde) destinata a razionalizzare la selva di aziende dedicate alla mobilità nella regione più moderna d’Europa, vanno in direzione opposta. Sarà naturalmente la procura di Milano a circoscrivere le responsabilità dell’incidente, per ora nel registro degli indagati sono iscritti i vertici di Rfi e Trenord. Anche i nuovi quattro avvisi di garanzia sono andati tutti in direzione dei tecnici della manutenzione di Rfi. Che la Lombardia sia un nodo essenziale per la mobilità ferroviaria nazionale, oltre l’alta velocità e al netto dei pendolari, è noto. Il presente passa dall’apertura del nodo con la Svizzera (pagato in franchi dalla Confederazione), sul tracciato Arcisate-Stabio e verso ovest, attraverso il terzo valico dei Giovi (6,2 miliardi di euro impegnati) destinato a portare il traffico su ferro verso Genova e il suo porto. La Lombardia ha investito molto in questi anni e non solo per l’ammodernamento degli impianti.
Nel luglio scorso la giunta regionale ha deciso il “Programma di acquisto di materiale rotabile per il servizio ferroviario regionale per gli anni 2017-2032” e ha varato un importante piano di investimenti per 1,6 miliardi euro: tra il 2020 e il 2025 saranno messi in servizio 161 nuovi treni. L’obiettivo è di ridurre l’età media dei mezzi che ad oggi è di circa 18 anni e che arriverà a circa 12 anni al 2025.
Da parte loro le Fs, sotto la regia di Renato Mazzoncini, hanno iniziato un’ampia manovra d’ingresso nel trasporto pubblico locale (già presenti in Trenord) con l’acquisizione di una quota della M5 di Milano e un interesse mai sopito per Atm. “Ma le Ferrovie dello Stato devono decidersi. Perché investono nelle infrastrutture in giro per il mondo, come in Grecia e nel Regno Unito, quando la rete italiana ha bisogno di essere modernizzata?”, si chiede Giorgio Goggi, architetto esperto e studioso dei trasporti pubblici, già braccio destro di Carlo Tognoli ministro per le Aree urbane e assessore di Gabriele Albertini sindaco. “In Lombardia e nel resto del paese le Ferrovie dello Stato hanno speso grandi energie per l’alta velocità ma hanno mostrato, fino ad oggi, scarso interesse per il servizio locale, quello destinato ai 750 mila pendolari. Sono entrati nel mercato delle metropolitane perché lo considerano remunerativo ma sul piano strategico voltano le spalle al secondo passante ferroviario che potrebbe rappresentare un salto di qualità per il trasporto locale e accarezzano l’idea della Circle line (nel pacchetto scali Ferroviari), per spostare su questa rete i pendolari e riutilizzare il passante ferroviario già esistente per l’alta velocità”, conclude Goggi.
Ma secondo Fs l’impegno strategico nel servizio locale è ben diverso.
Oltre ad aver destinato ogni anno 270 milioni di euro per la rete, di cui 130 solo per i binari, Fs chiariscono: “Non c’è nessuna rete regionale, al di là delle concessioni locali, c’è una rete nazionale per il traffico regionale e quello interregionale. Noi il salto di qualità l’abbiamo già fatto”. E in effetti Fs ha elaborato un faraonico piano industriale decennale degli investimenti, corroborato da 94 miliardi e una previsione di fatturato destinata a raddoppiare. Al netto dell’operazione di fusione con l’Anas. Uno degli obiettivi del progetto è il mercato del trasporto pubblico locale, con l’intento di salire dal 6% del 2015 fino al 25% nel 2026. E sul fronte del trasporto regionale, il vero cambio di passo è l’accordo quadro da circa 4 miliardi per la fornitura di 450 nuovi treni regionali (300 alta capacità, 150 media capacità) ai quali si aggiungeranno 50 diesel.
“L’ottimizzazione dei trasporti – spiegano i dirigenti Fs – passa anche attraverso l’integrazione nella rete nazionale Rfi (oltre 16.700 km) delle ex ferrovie concesse, più di 2.500 km di binari (su 3.500 totali) per ottenere maggiore capillarità del servizio ferroviario, in ottica point-to-point; maggiore efficienza, grazie a una gestione unica della rete ferroviaria nazionale; nuovi percorsi con riduzioni dei tempi di percorrenza e soprattutto maggiore sicurezza, garantita dagli elevati standard tecnologici adottati da Rete Ferroviaria Italiana”. Sulla sicurezza Fs insiste coi numeri: le statistiche dell’Agenzia dell’Unione Europea per le Ferrovie (Europea Railway Agency) spiegano come la rete di Rfi registri uno dei più bassi indici di incidentalità in Europa. Sono risultati al cui conseguimento concorrono l’adozione di processi manutentivi certificati, l’utilizzo di sofisticati strumenti diagnostici e gli importanti investimenti destinati alla manutenzione, che negli ultimi anni hanno registrato un incremento di circa il 70%, passando da 1 miliardo nel 2012 a 1,7 miliardi nel 2017. E sempre nel 2017 Rfi in Lombardia ha investito per manutenzione straordinaria, interventi per la sicurezza e upgrading circa 270 milioni di euro. Difficile però spiegare a quel centinaio di feriti, oltre che alle famiglie delle tre vittime di Pioltello, che i loro figli viaggeranno più sicuri. Servono iniziative concrete e visibile, perché al dramma del disastro si somma il disagio dei pendolari che vedono sfrecciare – accanto al loro treno fermo al semaforo rosso –un pendolino a tutta velocità.