Area C, Area B, rincari Atm. A Milano scoppia la guerra dei trasporti
Così nel capoluogo lombardo il modello della mobilità è finito sotto osservazione
I bolidi della Formula 1 fanno il loro ingresso in città, alla Darsena, e la Milano di Beppe Sala torna sulle prime pagine dei giornali di mezzo mondo, come ai tempi di Expo. Peccato però che la città del commercio e della logistica, coi furgoni diesel, sia costretta ai margini grazie ad Area B, l’ultima prematura invenzione delle sirene ecologiste. Doveva essere la rivoluzione dolce della mobilità e invece si è trasformata in una giaculatoria di proteste bipartisan, dei sindacati (ticket Atm), dell’opposizione e di un pezzo di maggioranza. Senza contare al mal di pancia di artigiani e commercianti costretti a uno slalom tra congestion charge, divieti e Area B. Ma a digerire poco lo stillicidio di multe e aumento del ticket Atm sono i milanesi che già nel 2017 hanno scoperto la loro città in vetta anche alle classifiche delle multe: 160 milioni il contributo al bilancio comunale, 123 euro pro capite (compresi lattanti e senza patente).
Così il modello Milano della mobilità è sotto osservazione. Aveva iniziato, con le limitazioni al traffico in centro, Letizia Moratti (preceduta da Carlo Tognoli con la sua giusta ma combattuta chiusura alle auto del centro storico), sorpassata da Area C versione Beppe Sala che, oltre a consentire l’accesso nella cerchia dei Navigli alle auto meno inquinanti, lasciava libero accesso ai veicoli puliti (auto elettriche, ibride e a gas liquido). Decisione molto ecologica ma contraddetta per motivi di bilancio qualche mese fa, quando Sala aveva deciso di far pagare l’odiata congestion charge anche alle auto pulite. Ma era chiaro a tutti che il capitolo tasse e limitazioni non sarebbe finito sui Bastioni, quando l’assessore alla Mobilità, Marco Granelli, aveva iniziato a disseminare gli ingressi della città di telecamere, “per controllare da vicino il traffico”, avevano detto dalla Polizia locale). Ora che il Comune ha deciso, con Area B, di stoppare anche i diesel euro 3 ed euro 4, con molto anticipo rispetto alle decisioni delle regioni padane, i conti sono tornati. Almeno per il Comune. Area B entrerà in vigore ufficialmente dal 21 gennaio del 2019, dal lunedì al venerdì dalle 7.30 alle 19.30. Area B include il 72% del territorio cittadino e il 97,6% dei residenti. In pratica i 185 varchi di accesso, dotati di telecamere, sono dislocati lungo il perimetro della città, in modo da chiuderla ai veicoli colpiti dal divieto di accesso e in futuro da altre eventuali limitazioni. Resteranno fuori città: i veicoli per il trasporto di persone e merci a benzina Euro 0, i veicoli diesel Euro 0, 1, 2 e 3 e i ciclomotori Euro 0 ed Euro 1 a due tempi. Dal primo ottobre 2019 il divieto si estenderà ai diesel Euro 4 e ai diesel Euro 0, 1, 2, 3 e 4 con filtro antiparticolato (fap) installato dopo il 31 dicembre 2018. Concessione elargita ad artigiani e commercianti imbufaliti per il doppio salasso (molti di loro avevano messo i filtri sperando di resistere all’assalto tardo ecologista). Dal primo ottobre del 2020 città chiusa ai veicoli a benzina Euro 1 e ai veicoli merci diesel Euro 4 ed Euro 0, 1, 2, 3 e 4 con fap installato dopo il 31 dicembre 2018. Ad ottobre 2022 si passerà ai veicoli a benzina Euro 2 e ai diesel Euro 5. Da ottobre 2025 lo stop alla circolazione colpirà i mezzi a benzina Euro 3 e i diesel Euro 6, infine da ottobre 2028 saranno fermati i veicoli Euro 4 e le moto Euro 3 a 4 tempi.
Secondo i dati più recenti nel 2019 saranno 402 mila i cittadini (imprenditori, artigiani, logistica) costretti a cambiare il proprio veicolo. Per alleggerire la pillola il Comune ha prodotto qualche deroga e dei coupon. Come i 50 ingressi gratuiti per il primo anno. La prima violazione sarà condonata ma dalla seconda la multa sarà salata e garantita. Delle proteste di artigiani e commercianti (che hanno ottenuto qualche piccolo vantaggio) si è detto. Entusiaste le concessionarie di auto e furgoni che attendono alla porta quattrocentomila nuovi clienti. “Le limitazioni al traffico con Area B non rispondono alle necessità di mobilità del traffico che gravita su Milano”, spiega Giorgio Goggi, assessore alla Mobilità delle giunte Albertini, “e la rete di trasporto pubblico non è tanto capillare da servire tutta l’area. Abbiamo 500 mila auto che tentano di entrare in città tutti i giorni e 15 mila posti nei parcheggi d’interscambio. Pensare di ridurre ancora la possibilità di entrare a Milano non può che andare a detrimento di tutta l’area metropolitana”, conclude Goggi. Ma la spallata del Comune, ampiamente anticipata dal sindaco Sala, è arrivata a Ferragosto, con la conferma che, da gennaio (salvo ripensamenti) il ticket Atm, oggi a 1,5, euro salirà a quota 2 euro da gennaio 2019. Il nuovo piano tariffario verrà presentato ai sindaci dell’area metropolitana all’inizio di settembre. L’obiettivo è di modificare la vecchia struttura del Sitam (Sistema integrato trasporti area milanese), un meccanismo complesso che sulla base di aree, zone e semi-zone definiva le diverse tariffe, con un sistema più semplice, destinato a premiare i comuni più vicini a Milano. Non è un caso che l’unico apprezzamento è arrivato dal sindaco di Sesto San Giovanni, Roberto Di Stefano (FI) che fino a ieri lamentava una disparità di trattamento rispetto agli utenti Atm di Milano. Netta l’opposizione di Forza Italia e Lega che si domandano: ma come, mentre il Comune strangola il trasporto privato con Area C e Area B, prima ancora che siano operativi i prolungamenti delle metropolitane (M4, M5) fuori città, invece di favorire l’uso dei mezzi pubblici si aumentano le tariffe? Il “chi va là” dei sindacati è già arrivato, con Massimo Bonini, segretario della Camera del Lavoro, che ha chiesto al sindaco di allargare la platea del confronto per discutere delle tariffe con Cgil, Cisl e Uil. E anche nel Pd qualche imbarazzo c’è. Tutto questo nel momento peggiore per la mobilità della Lombardia, mentre Attilio Fontana sta tentando di invertire la rotta del servizio ferroviario regionale, in grave crisi. Proprio domani il governatore lombardo proverà a convincere i nuovi vertici Fs a mettere mano al portafogli per rilanciare Trenord e le ferrovie locali. Ma il risultato della rivoluzione dolce di Sala rischia di complicare e di molto la mobilità della grande Milano, con un conto salato da pagare.