Norberto Bobbio (foto LaPresse)

La disagevole gestione della politica destra-sinistra

Fabio Massa

Leggere Norberto Bobbio per orientarsi nella politica di Roma e Milano

C’è un simpatico libretto che sulle bancarelle dell’usato è quotato dieci euro. Per i tipi di Donzelli, “Destra e sinistra” di Norberto Bobbio si chiude con un frase che sta con tutto: “Si capisce che per cogliere il senso di questo grandioso movimento storico, occorre alzare la testa dalle schermaglie quotidiane e guardare più in alto e più lontano”. Bobbio parla di sinistra, ovviamente, e di eguaglianza. Ma la frase, non particolarmente originale si ammetterà, vien buona anche per le vicende della Lega, che – ricordano i militanti storici prima della svolta sovranista – “non è di destra e non è di sinistra”. Quindi, alzando la testa dalle schermaglie Facebook e dai tuìt, come la prendono la svolta economica i leghisti che stanno nel tessuto produttivo della Lombardia? In Veneto i più accorti ricordano che non c’è la Lega, ma la Liga, e qualcosa vorrà pur dire. Infatti in Veneto la tensione è alta. “A est sono incazzati”, ammettono in via Bellerio. Non piace il reddito di cittadinanza. Non piace una certa disattenzione per le nomine “di sistema” che contano: Cassa depositi e prestiti, Ferrovie dello stato, Rai, eccetera, tutto ai grillini. Ma si sa, il Veneto è fumantino. E in Lombardia? In Lombardia il gioco è più fine. Qui la finanza è forte. E parte della finanza ha scelto più il Cinque stelle della Lega. E’ un caso che l’ad di Banca Intesa, Carlo Messina, abbia elogiato il reddito di cittadinanza, prontamente ringraziato da Luigi Di Maio? Forse no, non è un caso. Gli imprenditori però, la pensano diversamente: in molti ritengono la Lega un argine contro il “sudismo” del reddito di cittadinanza.

 

E i leghisti? Agiscono sotto traccia. Attilio Fontana è un tipo sveglio e di understatement tutto varesino. Non spara, come Luca Zaia, ma parla usando “li rami”. In primo luogo, con Massimo Garavaglia. Potente sottosegretario, solo l’altro ieri era assessore regionale al Bilancio. Due lauree, Garavaglia è un tipo interessante: “Che cosa faccio dopo? Ma sì, le tapparelle le so montare. Mi ci pagavo gli studi così”, diceva prima delle elezioni, ben sapendo che avrebbe fatto il pieno di voti. E’ Garavaglia l’asset che Fontana usa, oltre a un dialogo continuo con Matteo Salvini. Che sa perfettamente una cosa: fronteggiare il malcontento del Veneto è operazione “pubblica”, tenere a freno e anzi accreditarsi come il salvatore degli imprenditori lombardi è una “mission” di fondamentale importanza. Avere il consenso del luogo più avanzato d’Italia, oltre che la regione più popolosa, è cosa che il Capitano non può ignorare. Certo, quando la Borsa va a picco, a Milano ci si agita. E pure questa è cosa che il Capitano non può ignorare.

 

Intanto, sul fronte amministrativo, c’è la questione delle Olimpiadi. Il governo ha detto che di spese dirette non ne vuole. Tradotto: se c’è da costruire un palazzetto o una pista da sci, non bisogna bussare a Roma. Ma poi ci sono le spese indirette. Che poi sono il vero valore per il territorio. Che cosa significa? Che se c’è da fare una strada per migliorare i collegamenti con la Valtellina, ad esempio, non si potrà mica pretendere che il governo non trovi i soldi. Questo, almeno, nelle impostazioni più ottimistiche. Ieri, a margien della ufficializzazione della candidatura al Coni, Beppe Sala ha indicato la via del realsimo: “Cortina sarà la sede principale per la neve, ovviamente il ghiaccio sarà a Milano. E darei per scontato che la cerimonia di apertura sarà a Milano”. Quanto ai danée“Abbiamo deciso di fare una candidatura a costi molto bassi, a differenza delle altre candidature che hanno sparato diversi milioni”. Si vedrà più avanti, in caso positivo, se la Lega tutela davvero la Lombardia, oppure farà scivolare via, sull’odio per i grandi eventi di alcuni pentastellati (non quelli lombardi, però), anche una opportunità che pare fantastica: la candidatura per la quale l’Italia ha meno combattuto è anche quella che potrebbe essere vincente. Vi ricordate la fatica della Moratti per ottenere l’Expo? Ecco, nulla di tutto quello (forse) andrà fatto.

 

Infine, c’è pure la sinistra. “Credo che nessuno sia in grado di enumerare e ricordare tutti i convegni e tutti i pubblici dibattiti che si sono svolti in questi ultimi anni per rispondere a queste domande: ‘La crisi della sinistra’; ‘i dubbi della sinistra e sulla sinistra’; ‘la sinistra in difficoltà; la sinistra in agonia’”, scriveva Bobbio. Ricordando un convegno dal titolo quantomai moderno: “What is left?”. Sul campo milanese, ad oggi, è un gran casino. Esemplificato dalla corsa per la segreteria regionale. In pista c’è Vinicio Peluffo, candidato di molte correnti (tra cui anche quella di Zingaretti), ma che non ha espresso vicinanza a Zingaretti (né ad altri). Tra i sostenitori di Peluffo c’è anche Carmela Rozza, donna forte di Marco Minniti a Milano. Minniti non sa ancora se ci vuol essere e se ce la vuol fare, ma si sa che chi ci proverà in Lombardia sarà Eugenio Comincini: renziano doc, ex sindaco di Cernusco, potrebbe sostenere Minniti? Probabile, se sarà il candidato di Renzi. Ma se fosse “il candidato di Renzi”, Minniti non si candiderebbe. “What is left?” è una domanda aperta per un imbuto chiuso.

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