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Il governo crea problemi ai comuni per chiudere i conti

Mariarosaria Marchesano

L’assessore Tasca alle prese con le non-risposte da Roma sui trasferimenti. L’Atm è un bancomat?

Le settimane che precedono il periodo natalizio sono tradizionalmente quelle in cui a Palazzo Marino si fanno le ore piccole per far quadrare i conti del bilancio di previsione. Ma se quest’anno negli uffici dell’assessorato al Bilancio e al Demanio, guidato da Roberto Tasca, si fanno gli straordinari non è certo per questo motivo. Fino a quando non ci sarà completa chiarezza sulla manovra economica, infatti, l’amministrazione di Milano guidata da Beppe Sala, e gli altri municipi italiani, non potranno chiudere il documento previsionale per il periodo 2019-2021 perché mancano alcune informazioni essenziali che solo il governo può fornire attraverso il suo progetto di Bilancio. E’ questo un effetto collaterale dovuto all’incertezza della manovra dell’esecutivo Lega-cinque stelle che colpisce in misura maggiore i grandi Comuni. Milano, per esempio, attende di sapere se può contare sul contributo perequativo ad integrazione delle imposte Imu e Tasi, che per il 2018 è stato pari a 40 milioni e per il prossimo anno non si sa ancora a quanto ammonta. Il fondo stanziato dal governo lo scorso anno a questo scopo, infatti, è stato complessivamente pari a 300 milioni e il capoluogo lombardo è tra le città che ne hanno usufruito con una delle quote più alte (il 14 per cento del totale). Indicazioni sono attese anche sulla gestione dei crediti di dubbia esigibilità di cui i comuni dovrebbero sin da adesso conoscere l’ammontare degli accantonamenti da apportare fino al 2021. Su questo punto Milano vorrebbe sapere se ci sono margini di flessibilità per un’amministrazione che, per esempio, riesce a compattare i tempi per le riscossione delle multe (in questo momento lo stock di contravvenzioni da esigere ammonta a 300 milioni di euro). “In questa fase è difficile avere un canale di comunicazione con il Mef”, dice al Foglio l’assessore Tasca, che alcuni giorni fa ha firmato una lettera-appello insieme con i colleghi omologhi di Torino e Genova (amministrazioni guidate, rispettivamente da sindaci Cinque stelle e di centrodestra). “Abbiamo voluto sollecitare il ministero su una serie di scelte che potrebbero spingere i Comuni verso una gestione più efficiente – dice Tasca – Ma abbiamo bisogno di risposte in tempi brevi altrimenti saremo costretti a rinviare il Bilancio di previsione di Milano alla prossima primavera”.

 

La giunta Sala, in sostanza, richiede chiarezza sui trasferimenti dallo Stato centrale visto che la corretta pianificazione delle entrate e delle spese per il prossimo triennio ha un impatto diretto su un bacino di un milione e mezzo di cittadini. In realtà, l’amministrazione meneghina è attesa al varco dalle opposizioni per un altro tema che pure influisce sui conti del Comune come l'aumento del prezzo del biglietto del trasporto pubblico da 1,5 a 2 euro, che scatterà a marzo-aprile 2019 e da cui l’amministrazione punta a incassare circa 50 milioni di euro. L’ammontare sarà destinato – ci tiene a sottolineare l’assessore – a sostegno degli investimenti che Milano sta attuando per rendere più efficiente il trasporto metropolitano con cinque linee. La domanda più banale che ci si può porre è perché questo rincaro si sia reso necessario se l’Atm ha chiuso il bilancio 2017 con 39,3 milioni di utili (contro 9,3 milioni dell’anno precedente) che sono stati pari pari trasferiti a Palazzo Marino sotto forma di dividendi. La società dei trasporti milanese è la più profittevole d’Italia (se si pensa che a Roma l’Atac rappresenta il buco nero per le casse dell’amministrazione capitolina) ma questo non basta. I conti del fabbisogno del trasporto pubblico sono presto fatti e li mette sul tavolo Tasca: a fronte di una spesa di 816 milioni, necessaria anche per pagare le rate dei mutui contratti per finanziare le linee M5-M4 con project financing, si può contare su 365 milioni di proventi dei biglietti (ai costi attuali) e su 270 milioni di trasferimenti dalla Regione per un totale di 635 milioni: mancano, dunque, all’appello 180 milioni, di cui una parte sarà coperta con il rincaro del biglietto. Su questo approccio, però, la giunta Sala ha trovato un fronte di resistenza all’interno della stessa maggioranza. Filippo Barberis, capogruppo del Pd in Consiglio comunale, spiega che dopo una fase di confronto, basata sul rischio, paventato dal partito che sostiene lo stesso Sala, di ottenere l’effetto di disincentivare l’uso dei mezzi pubblici – siamo arrivati a un accordo politico che dovrebbe essere recepito in una prossima delibera. “Non ci saranno aumenti di prezzo per gli abbonamenti annuali, mentre quello mensile crescerà dell’11 per cento – dice Barberis – Inoltre, è passato il concetto di trasporto gratuito per gli under 14 e di tutela per le fasce deboli, come disoccupati, disabili e persone con redditi molto bassi ai quali sarà risparmiato anche l’aumento dell'abbonamento mensile. Nel complesso si è cercato di spostare i rincari sui percorsi brevi e nel centro della città, cioè sugli utenti occasionali. E di far passare un concetto di trasporto integrato su una scala più ampia: i prezzi degli abbonamenti annuali per i comuni confinanti con Milano, infatti, diminuiranno rispetto a quelli attuali”.

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