Le Olimpiadi arrivano (forse). Ma gli impianti sportivi non corrono
Rapporto deficitario sulle strutture in città e hinterland. Occasioni perse, ritardi e la chance di Santa Giulia
Dopo la notizia che a 75 anni è come averne 55, è andato a farsi cambiare la carta d’identità. Franco B. Ascani (dove B. sta per Bruno), gioca con l’età come con lo sport di cui è un super esperto. Gioca, si fa per dire. Perché nella sua vita nulla è stato più importante di quel settore che lo ha visto protagonista fin da quando, a 21 anni era diventato il più giovane presidente di una società di atletica leggera, oggi unico italiano nella Commissione cultura e patrimonio olimpico del Cio. La Milano dello sport la conosce come le sue tasche e per questo tuona “che sono trent’anni che non si costruiscono impianti”. Eppure, l’elenco che il Comune snocciola non è da poco. Dall’Arena al Palalido (che quando sarà pronto si chiamerà Allianz Cloud), al Vigorelli al Saini, alla piscina Cozzi e via dicendo fino a contarne 21, sembra tutto un fiorire di strutture rimesse a nuovo e che, nel giro di pochi anni, saranno a disposizione di quella stragrande parte della città che si dedica alle varie discipline. “La nostra priorità – risponde Roberta Guaineri, assessore al Turismo, Sport e Qualità della vita – è riqualificare e restituire a Milano gli impianti sportivi di cui la città ha tanto bisogno, considerato l’alto livello delle squadre e delle società sportive meneghine che a volte sono costrette a giocare fuori città e alle quali non vediamo l’ora di poter dare una casa stabile”. Un lavoro non da poco che però richiede tempo. “L’obiettivo è recuperare strutture in stato di abbandono o di grave usura e riqualificarle”. Soprattutto in periferia. Bene, senza dubbio l’impegno non manca ma la fotografia della situazione non è delle più riuscite.
“Il Palalido – continua Ascani – per varie ragioni, sono sette anni che lo stanno ristrutturando. S’è persa anche l’opportunità Armani, quando lo stilista lo voleva chiamare PalaArmani e c’erano già accordi con l’Armani Basket, ma poi tutto finì nel nulla. Il PalaTrussardi (poi PalaVobis, PalaTucker, Mazda Palace e infine PalaSharp, oggi malmesso e in degrado) non ha ancora un destino dopo essere nato come tendone da circo a seguito della demolizione del Palasport di San Siro, imbarcato con la nevicata dell’85”. In pratica, Milano non ha un palazzetto dello sport che si possa definire tale perché “il Palalido ha una capienza massima di 5 mila posti mentre ne dovrebbe avere almeno 10 mila. Il Forum di Assago ne ha 12 mila ma è nel comune di Assago”. La svolta di Milano è nata con il Palasport. “Venne costruito negli anni ’70 dal Coni con i suoi soldi. Fu inaugurato da Mike Bongiorno con un grande evento, partecipò anche Paolo Grassi che cercai di coinvolgere con il Piccolo”. Anche l’elenco di Ascani non è breve. “L’Arena è un impianto che ha un’agibilità minima, senza uscite a norma, l’ha fatta Napoleone, è un monumento nazionale sottoposto alla Sovrintendenza delle Belle Arti. San Siro è quello che conosciamo, quindi non abbiamo uno stadio d’atletica. Il Vigorelli è solo per il ciclismo, con la pista in legno all’aperto (con manutenzione molto complicata, ndr) e ci fanno football americano”. Poi ci sono le strutture dell’Hinterland “cresciute senza una programmazione. Capita che ci siano tre comuni con tre piscine sovradimensionate e poi per 30 chilometri non ce n’è più una. Molte persone cavalcano il discorso degli impianti senza conoscere la vera situazione e non c’è stata sensibilità sul tema sport”.
A onor del vero, è già stato restituito alla città il centro sportivo Cambini-Fossati completamente rinnovato e senza più alcuna barriera architettonica, tanto da esser l’unico ad accessibilità universale mentre si arriverà al 2021 per veder partire i lavori della piscina, finalmente con misure olimpiche, al Cardellino, in zona Lorenteggio. Un deficit forte, che riguarda tutta l’area metropolitana, sono le strutture che permettano di praticare atletica a livello agonistico: gran problema per far crescere i giovani, se devono fare chilometri per raggiungere una pista.
Ma ora con l’ingresso ufficiale della candidatura di Milano e Cortina nella short list per ospitare le Olimpiadi invernali 2026, il progetto del palazzetto dello sport previsto a Santa Giulia potrebbe essere concretizzato con due anni di anticipo, tra il 2023 ed il 2024. Ma l’opera, un nuovo impianto polifunzionale da 15-18 mila posti per sport e concerti andrà avanti anche a prescindere dalla scelta del Cio. Il nome in codice del progetto, affidato a Risanamento e LendLease, è attualmente PalaItalia. “Gli impianti sono una componente fondamentale dei Giochi ma non sono tutto –prosegue Ascani – I Giochi sono infrastrutture, servizi, servizi alla persona, coinvolgimento della trasformazione della città. Quando partimmo, nel 1987, con l’operazione lancio dell’Olimpiade del 2000 a Milano, Brera, Tognoli, Ottavio Missoni (fece i cerchi olimpici con le sue stoffe) ed io, sapevamo che l’operazione vera era quella di fare impianti a Milano. Di quattro anni in quattro anni potenzi le strutture, fai accordi internazionali, lecito scambio di voti. Presidente, negli anni ’90, della candidatura di Milano ai Giochi olimpici, fu Massimo Moratti, ma la candidatura andò a infrangersi sugli scogli, chi dice per la situazione politica che si era venuta a creare con Tangentopoli, e fu ritirata”. Prosegue alla grande, invece, il lavoro della Fédération Internationale Cinema Television Sportifs, di cui Franco B. Ascani è presidente, federazione del comitato internazionale olimpico che ha 116 paesi affiliati e che organizza 16 festival con finale a Milano, ogni anno, a Palazzo Giureconsulti. E nel cuore, un ricordo: “Le attività sportive nelle scuole, che faccio tutt’ora, con la manifestazione ‘I Trofei di Milano’, deteniamo il record di 3 milioni e mezzo di bambini che hanno partecipato dal ’64 a oggi, nemmeno la maratona di New York ha registrato questi numeri”.