Tra Ruini e la Dc
“Il partito dei vescovi? No, no. Mai. Sarebbe dannoso in primo luogo per la Cei”, mi dice Monsignore
Leggo su questo giornale che i vescovi vogliono farsi un partito, che non si capisce bene se sia una nuova Dc o un contenitore nuovo che metta insieme un po’ di associazioni sparse per l’Italia con l’obiettivo improbo di mettere ko l’orda populista. Chiamo il mio amico (vescovo) e ci diamo appuntamento in una sala da tè affollata di molti turisti stranieri (tedeschi, soprattutto). “Allora, eccellenza, scendete in campo?”. Ride. “Leggo come tutti quel che si muove e dico che in questo momento di tutto avremmo bisogno tranne che di un partito di cattolici. Per di più non si capisce bene come costruito, da chi sostenuto e ispirato, con quali fini. Per come l’ho sentita, mi pare una cosa un po’ strampalata: neanche Pio XII e Montini erano arrivati a tanto con la Dc, figuriamoci questo Papa che ha detto fin dal primo giorno che lui non ha alcuna intenzione di immischiarsi”. Scusi, eccellenza, ma quanto potrebbe prendere oggi un partito di cattolici guidato dai vescovi? “Mi fa strano solo sentire questa frase, abbia pazienza. Un partito di vescovi… l’uno per cento, forse?”. Manca Ruini? “Ruini aveva capito che l’unità dei cattolici era morta e sepolta e che bisognava voltare pagina, disseminare gli schieramenti di una presenza viva e attiva. Qui si vuole tornare al primo Novecento, non capendo che il mondo – non solo l’Italia – è cambiato e che esperimenti del genere non solo sono destinati a schiantarsi contro il muro della realtà, ma sono dannosi anche alla reputazione della Cei. Il Papa chiama a raccolta i cattolici per fare politica con la ‘P’ maiuscola e noi facciamo un partitino?”.
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