La terza vita di Corrado Passera si chiama “illimity”
Tra npl, piccole imprese e banca digitale. Ritorno in banca
Milano. "Esattamente un anno fa eravamo in questa sala riunioni a progettare la nuova banca e, soprattutto, a decidere quando sarebbe stato il momento giusto per presentarla agli investitori. Sapevamo che ci sarebbero state le elezioni in primavera ed eravamo di fronte alla scelta se andare sul mercato prima o dopo. Abbiamo deciso di andarci subito e si è dimostrata una buona scelta”. Corrado Passera racconta, seduto nel suo ufficio di Brera, com’è nata illimity, il cui nome è venuto fuori da “un brain storming notturno” con sua moglie Giovanna Salza dopo aver consultato varie agenzie. E lo fa con un misto di sensazione di scampato pericolo e di soddisfazione per aver azzeccato il timing di un’operazione complessa, che solo qualche mese dopo avrebbe probabilmente fatto più fatica a raggiungere gli stessi risultati, ovvero 600 milioni di euro raccolti tra investitori soprattutto esteri. “Chi ci ha dato fiducia, però, ha scelto di restare anche nel momento in cui si è creata l’occasione di uscire dalla compagine, lo scorso agosto, quando sui mercati c’erano già chiari segnali di turbolenza finanziaria”, dice Passera che è tornato al lavoro di banchiere, dopo essere stato ministro dello Sviluppo economico con Monti (2011) e aver provato nel 2014 a lanciare un progetto politico (Italia Unica). “Pensavo a un movimento fuori dagli schemi tradizionali con proposte forti di ammodernamento e rilancio del paese che avrebbe avuto Milano come trampolino di lancio. Forse era prematuro e non è riuscito. Mi sono rimesso a lavorare”.
L’ex numero uno Intesa Sanpaolo e di Poste italiane ha così messo in piedi una nuova banca in meno di un anno. Lo scorso dicembre ha concepito il progetto affiancato da Andrea Clamer (ex Banca Ifis). A gennaio ha lanciato il veicolo finanziario (Spaxs) con cui ha raccolto i capitali “e non è stato necessario fare la seconda tappa del road show negli Stati Uniti, perché dopo quella di Londra potevamo contare su adesioni più che sufficienti”. A cavallo dell’estate aveva già elaborato il piano industriale e messo in cantiere l’acquisizione della Banca Interprovinciale che gli è servita da piattaforma per dar vita alla nuova realtà focalizzata su tre settori – non performing loan, credito alle piccole imprese e banca digitale – con l’obiettivo di arrivare al 2023 con un attivo totale pari a 7 miliardi di euro. A ottobre è cominciata l’attività operativa e, infine, una settimana fa illimity si è insediata nell’ex edificio delle Regie Poste, alle spalle della Centrale.
Grande festa il 10 dicembre, organizzata per i 150 dipendenti con il dj Saturnino e l’orchestra Classical punk integrata da musicisti della Scala che hanno suonato su ciascuno dei quattro piani, ognuno contraddistinto da un colore diverso. Il restyling dell’edificio anni Trenta sembra pensato per una start up digitale, con spazi in condivisione minimal-chic, vetrate come uniche sezioni divisorie. “Il settore bancario sta cambiando drasticamente – dice Passera – le attuali condizioni di mercato, normative e tecnologiche rendono sempre meno sostenibile il modello della banca universale soprattutto se medio-piccola. Occorre un nuovo paradigma”. Eppure, questi sono tempi difficili per gli istituti di credito italiani, con lo spread più elevato dell’eurozona e la fine degli acquisiti di titoli da parte della Bce. “In effetti, le banche sono sotto pressione e noi siamo avvantaggiati per il fatto di avere zero legami con il passato ed essere più capitalizzati anche rispetto ad alcuni grandi gruppi. In generale, però, ritengo che si stiano sottovalutando gli effetti della fine del Qe. Temo porterà grande stress su una parte importante del mondo del credito, ci sono moltissime aziende troppo indebitate e con una economicità legata in maniera anomala ai tassi bassi”. E il debito sovrano? “A livello macroeconomico è ovvio che il collocamento di titoli pubblici diventerà più difficile per i paesi meno affidabili”.
Torniamo a illimity, che a febbraio sbarcherà sull’Mta, il segmento principale di Piazza Affari. Prima domanda: gli npl, settore in cui la banca ha già acquistato pacchetti per un miliardo. E’ giusto che le banche utilizzino una garanzia pubblica come la Gacs per liberarsi dei crediti deteriorati? “E’ una soluzione di sistema valida, più di quanto fatto in altri paesi che hanno scaricato sui contribuenti il costo delle sofferenze bancarie. Ma è anche vero che in alcune situazioni lo Stato potrebbe in futuro pagare di tasca propria per il mancato recupero. Nel nostro caso saremo specialisti nei cosìddetti ‘corporate npl’ sia come acquirenti sia come servicer”. La seconda: con un ciclo economico in rallentamento, possa aumentare la domanda di credito da parte delle imprese? “Esiste una domanda inevasa che prescinde dall’andamento dell’economia. Mi riferisco sia ad aziende con potenziale di crescita ma con basso rating sia a una parte dei crediti di dubbia esigibilità che le banche hanno nei confronti di realtà risanabili. Quando ci sono le condizioni, interveniamo per erogare la nuova finanza necessaria a riportarle sul mercato”. La terza: quanto spazio c’è per una nuova banca digitale? “Il numero di utilizzatori di servizi finanziari solo digitali crescerà enormemente. Nel risparmio offriremo depositi con varie durate e tassi convenienti senza costi o rischi di altro genere. E poi prodotti e servizi scelti da noi ma forniti attraverso partnership: è finito il tempo in cui tutti fanno tutto”.