Autonomia l'arriverà
L'assessore della Regione Lombardia, Stefano Bruno Galli, ci crede. E dà la colpa dei problemi alle burocrazie romane (non al M5s)
"Cantare, sognar sereno e gaio, libero, indipendente, aver l’occhio sicuro e la voce possente”. Ce li si può quasi immaginare, Luca Zaia e Attilio Fontana, nel Cirano. A invocare la libertà e l’autonomia. L’ultimo terreno di scontro tra Movimento cinque stelle e Lega. E, peraltro, ma sia detto senza voler entrar con il coltello nel burro, fonte di innumerevoli e mutevoli contraddizioni a sinistra (il Pd, in materia, ha più posizioni che nemmeno mozioni congressuali).
Ma a che punto siamo? Davvero, al di là delle battaglie politiche si arriverà a qualcosa? E quando il cittadino lombardo (e anche soltanto l’amministratore lombardo) riuscirà a vedere la messa a terra della riforma, se mai la vedrà? “Io sono un inguaribile ottimista di natura”, spiega al Foglio Stefano Bruno Galli. Galli è l’uomo che ha scritto, di fatto, tutti i documenti che contano, nella partita. Già al tempo di Maroni, un quota “profesùr”: è docente di Storia delle dottrine politiche e Teorie e storia della democrazia alla Statale. Ora però fa l’assessore all’Autonomia e alla Cultura nella giunta Fontana. “Fontana mi dice che un miracolo comunque già l’ho fatto: far lavorare ad agosto i ministeri”, ride. E quindi? “Abbiamo segnato dei punti fermi molto importanti e il percorso sembra avviato alla sua naturale conclusione. Quando scarichiamo a terra? All’85 per cento l’intesa a è posto. Mancano da rivedere alcuni punti che avranno bisogno di una trattativa e di una analisi di tipo politico”. Ovvero, i Cinque stelle si sono messi di traverso. “Non è proprio così. Secondo me quello che è stato l’ostacolo vero nel corso di questa trattativa non è l’alleato politico, ma una mentalità e una cultura che risiede negli apparati burocratico amministrativi”.
Insomma, il problema sono i burocrati dei ministeri e non Di Maio? “E’ inevitabile che sia così: gente che si è formata in una struttura fortemente centralista non può, ad esempio, che far riferimento sempre alle sentenze della Corte costituzionale. Peccato che la trattativa è finalizzata ad andare oltre le sentenze della Corte. Sentire il richiamo frequente alle sentenze della Corte è la certificazione di questa cultura istituzionale fortemente centralista che è stata un ostacolo. Un altro esempio: spesso si finisce per riconoscere le funzioni di carattere amministrativo ma non legislativo. Ma è sbagliato. Questo è lo scoglio più alto”. Nient’altro? “Poi c’è il principio della leale collaborazione. La nostra richiesta è da noi argomentata sulla base di dati oggettivi: Regione Lombardia ha un sistema formativo di alto livello ergo dateci anche la formazione dei volontari della protezione civile, ad esempio. Non è che il tecnico ci può dire: no punto e basta”. Ma vi hanno detto “no, punto e basta”? Risposta: “Ogni nostra richiesta era suffragata da documenti e dati concreti, e non è che si può dire no e basta”. Ve l’hanno detto, quindi… E insomma, quando arriva l’autonomia? “La chiusura io non la vedo molto lontana. Gli aspetti da chiarire non sono tantissimi, ma bisogna fare i conti con i tempi della politica. Quindi con le elezioni in Sardegna e poi le Europee. Io sono convinto però che prima delle Europee l’intesa potrebbe arrivare. E dopo è solo partendo dalla spesa storica che riusciamo ad applicare l’intesa immediatamente”. Tradotto: solo basandosi sulla spesa storica si può capire che cosa rimane in Lombardia. “Invece a Roma c’è chi vuole partire dai fabbisogni standard, per i quali ci vogliono due anni. Dobbiamo partire dalla spesa storica”.
I detrattori dell’autonomia parlando di una secessione light, di un modo per spaccare l’Italia. “Io sono basito. La più larga parte delle polemiche andava fatta nel 2001, con la riforma del titolo quinto. Quello che stiamo facendo si ispira al federo-regionalismo spagnolo. E non mi sembra che la Spagna dal 1978 ad oggi si sia disgregata. Di conseguenza quelli che parlano di secessione light non sanno nulla. Parlano per sentito dire”. Quali sono le competenze sulle quali c’è scontro? “C’è qualcosa sul terreno delle infrastrutture, sull’ambiente, sulla sanità, e soprattutto il tema delle sovrintendenze”. Narra la leggenda (ma forse leggenda non è) che Dario Franceschini avesse praticamente firmato l’accordo con la Francia per riportare la Gioconda in Italia in occasione del cinquecentenario di Leonardo. In cambio, la Francia avrebbe avuto per un periodo alcune opere da vari musei italiani. Trattativa fallita quando le soprintendenze dissero no. Così, la Gioconda è rimasta là. “E noi siamo rimasti qui con le soprintendenze”, sorride Stefano Bruno Galli.