Fuorisalone che barba? I buoni motivi di un'anarchia creativa
Tra poco è tempo del Salone del Mobile e c'è già chi si lamenta. Eppure Milano è l’unica città al mondo che vanta una manifestazione del genere
C’è chi si lamenta. Sempre e comunque. Il rompiscatole è dietro ogni angolo. La rottura del traffico bloccato per le sfilate. I giardini di Palestro chiusi per Orticola. Le week milanesi (formula vincente), sette giorni di disagi per il cittadino che vede Milano trasformarsi ballando su un tema che si spande per ogni dove. Tra poco è la volta del Salone del Mobile, e quello passi, dato che sarà la Fiera di Rho a ospitare la manifestazione più importante al mondo in fatto di arredamento. Ma con il Salone arriva pure il Fuorisalone, colpo di genio uscito dal cilindro di Gilda Bojardi, super direttora di Interni, che nel 1990 iniziò un percorso che non si è più fermato. Anzi, ormai arriva ovunque. Brera, Tortona, Ventura Lambrate, San Babila, Porta Venezia, Durini, Porta Romana, Isola e Cinque vie sono le zone canoniche segnalate sulle varie guide, ma non c’è via che non abbia la sua lampada firmata da presentare, una vasca da bagno tecnologica, il salotto di design, la tavola dell’architetto Tal dei Tali. Basta un comodino hi-tech per chiudere una via, transennare una piazza, chiedere ai vigili di bloccare le auto. C’è chi si lamenta, appunto, ma Milano è l’unica città al mondo che vanta una manifestazione, esagerata finché si vuole, come il Fuorisalone. “L’idea di quando è nato era proprio questa – racconta Gilda Bojardi –, far vivere la città anche occupando spazi che non erano così conosciuti ma che sono diventati noti successivamente, hanno subito delle trasformazioni e ristrutturazioni. L’idea della spontaneità era insita nell’idea del Fuorisalone”. Possiamo buttare lì anche l‘accezione negativa? La parola confusione? “Bisogna evitare le degenerazioni, che possono trasformare e involgarire alcune situazioni, però l’idea che si siano sviluppati nuovi quartieri e che non ci sia dietro il Fuorisalone una regia comune va bene, altrimenti sarebbe nata una società di gestione. In altre città la design week è regolata da società di privati che decidono di far organizzare a terzi una serie di attività. Qui normalmente le attività sono lasciate alle iniziative di architetti, progettisti in spazi vari, gallerie, ambienti insoliti come le officine, le fabbriche in disuso come è sempre stato, aziende che hanno i propri showroom dove mettono in scena degli happening. Diciamo che la spontaneità è la caratteristica principale del Fuorisalone e che non fosse governato da una società-regista, almeno nella mia intenzione, era ed è fondamentale. Altrimenti avrei fatto un altro mestiere. E mi sarei dedicata all’organizzazione del Fuorisalone”.
Naturalezza e impulsività, nessuna forzatura o cerimoniosità sono le doti dell’evento. Regole zero. “Chiudere la via significa che il Comune concede questa possibilità, quindi non è una sregolatezza derivante dai privati. Chiudere la via significa occupazione del suolo pubblico che vuol dire denaro per il Comune. Se regole devono esserci che siano più rigorose da parte del Comune. Non sono favorevole a chiudere le strade, assolutamente. Deve essere governato l’afflusso in alcuni momenti, ma chiudere delle vie non appartiene alla mia idea. In Tortona, ad esempio, ci sono state delle degenerazioni: situazioni, come si diceva, di porchetta e salsiccia, ma oggi sono più controllate dal Comune. E’ vero che non c’è una società che governa, ma è la bellezza del Fuorisalone di Milano: altrimenti ci sarebbero dietro degli interessi commerciali. Quando si formano queste associazioni, che sono dei modi per pre-occupare dei luoghi di un quartiere per poi rioffrirli e rivenderli, accade quello che non dovrebbe succedere”.
Il Fuorisalone vede anche un’espansione a molti settori affini, tra cui automotive, tecnologia, telecomunicazioni, arte, moda e food e i diversi espositori si possono organizzare autonomamente. “Se prendiamo la moda vediamo che segue logiche differenti. Le sfilate sono su inviti, sono tutti operatori del settore. Ma la stessa moda si è incuneata nel Fuorisalone, ci sono propaggini della moda e commistioni moda-design. La moda è un comparto produttivo ricco mentre il design è più artigianale e meno industriale e anche quando si parla di industria del design e dell’arredo hanno fatturati più contenuti rispetto alle aziende della moda”. E’ quasi pronta la Guida al Fuorisalone di Interni, 450 eventi selezionati e segnalati. “Il nostro appuntamento principale è alla Statale con un’installazione monumentale e poi all’Orto Botanico e all’Arco della Pace. Lavoriamo con i progettisti. Anche gli eventi minori danno vivacità. Eventi trasversali che parlano di architettura, di oggetti, di giovani”.