Pietro Tatarella (foto Imagoeconomica)

Il primo (forse unico) esito dell'inchiesta: la generazione perduta di FI

Fabio Massa

Con gli arresti di Altitonante e Tatarella i giudici di Milano hanno spazzato via l'opzione opzione riformista-moderata in Forza Italia

Diceva Churchill che il fallimento non è mai fatale. Il tempo dirà se le carriere pubbliche di Fabio Altitonante e Pietro Tatarella, i due politici di Forza Italia più in vista nel mazzo di arresti di martedì decisi dalla procura di Milano – Altitonante coordinatore di Forza Italia a Milano e sottosegretario in Regione con delega all’area Expo, Tatarella  vicecoordinatore regionale del partito e ora candidato alle Europee – siano da considerare finite con un fallimento, oppure no. Di certo, il colpo alle carriere politiche è duro, sopratutto in un paese a trazione giustizialista che non aspetta l’esito dei processi per

">emettere le sentenze.

 

Quello che è evidente già da ora, e merita una riflessione, è che con i loro guai giudiziari, quale che ne sarà l’esito, subisce un duro colpo anche una certa opzione riformista-moderata – insomma tra il post Forza Italia e un possibile neo-centro non fagocitato dalla Lega, in questo momento partito traino in Lombardia – che stava iniziando a prendere piede proprio da Milano, e con queste Europee: qui e adesso. Una opzione che riportava verso il voto per Pietro Tatarella una parte dell’elettorato forzista che vedeva in lui una nuova generazione competente; che attirava una parte dell’elettorato di centrodestra non convinto da Salvini; che intrigava anche una parte dell’elettorato riformista deluso dalla scelta del Pd di candidare capolista Giuliano Pisapia. Una opzione che adesso non esiste più.

  

 

La Milano della “nuova generazione” di Forza Italia stava provando a essere un laboratorio, in vista di una scomposizione-ricomposizione del quadro politico che tutti ritengono inevitabile, a livello nazionale, dopo le Europee. Mariastella Gelmini, che ha annunciato la loro sospensione, ha commentato: “Massima fiducia nella magistratura. Colpisce che abbiano colpito esponenti così di spicco”. Che cosa rappresentavano Altitonante e Tatarella per Forza Italia, in questo quadro? Di fatto, corpi estranei. Giovani turchi, se vogliamo. Preparati tutti e due, sicuramente non erano vecchi colonnelli. Altitonante aveva strappato, dopo anni e anni di lotta con Mariastella Gelmini, il posto da sottosegretario in Regione e nell’ultimo periodo aveva guardato molto verso il mare: insomma verso la Genova di Giovanni Toti, governatore forzista di Liguria e massimo teorico di un nuovo partito unitario del centrodestra, da fare con la Lega. Tatarella aveva ottenuto il posto di vicecoordinatore regionale, oltre alla candidatura. Entrambi, hanno portato al partito un gran bottino di voti. Migliaia e migliaia. Per anni. Così come del resto ha fatto Nino Caianiello, a Varese. Forza Italia, nel Nord-ovest lombardo, è in grave affanno nel bel mezzo di una campagna elettorale che prevedibilmente si farà più brutta, più cattiva.

 

  

E una parte consistente dei suoi elettori potrebbe rivolgersi alla Lega, che in Lombardia è più autonomista che sovranista. Del resto, ad anticipare il passaggio a Nord-ovest vero la Lega è stata Silvia Sardone, che adesso milita sotto le bandiere di Salvini, e che era un’altra della pattuglia rampante dei giovani dentro a Forza Italia. L’inchiesta di fatto ha spazzato via l’opzione di una rigenerazione capace di restare autonoma rispetto alla forza di gravità salviniana. Rimangono beninteso altri esponenti, come Massimiliano Salini, pronto a un secondo mandato europeo, che però non ha una vocazione territoriale: raccoglierà il voto del mondo cattolico e di altri mondi moderati, ma non è una candidatura del territorio, di Milano, con le radici nel Consiglio comunale o nella città. Quella classe politica era rappresentata invece da Tatarella e Altitonante, e non è ovviamente distrutta, perché Milano esprime Giulio Gallera e Alessandro De Chirico, altro volto giovane. E prima di Tatarella e Altitonante era stato colpito e affondato dai pm Giacomo Di Capua, capo della segreteria di Mario Mantovani, implicato in un processo la cui sentenza arriverà con tutta probabilità dopo l’estate. Per adesso, altro futuro non se ne vede. Rimangono i vecchi colonnelli, per ora, a tenere duro. 

Di più su questi argomenti: