La grande fuga della politica dalle municipalizzate solo per manager
Beppe Sala ha dato il potere ai tecnici nelle aziende partecipate del comune di Milano
A volte la politica fa un passo indietro, anzi due. È il caso delle partecipate del comune di Milano, aziende sane, funzionano e fanno profitti. Certo non sono più gli anni della Prima Repubblica, quando alla guida dell'azienda tranviaria (oggi Atm) si alternavano Maurizio Prada, signore delle tessere Dc, e Giacomo Properzj, quinta colonna del Partito repubblicano in città e ambientalista ante marcia. Due politici di rango che, con l’aiuto di tecnici autoctoni (targati), lavoravano (anche) per il bene dell’azienda. La politica, a volte, debordava ma le imprese macinavano e marciavano al servizio della comunità. Con la Seconda Repubblica le municipalizzate sono diventate partecipate dal Comune, con l’innesto di qualche gruppo privato. Con l’arrivo di un manager senza tessera, Beppe Sala (ma ci aveva già provato Gabriele Albertini), la politica sembra essere uscita definitivamente dalle aziende controllate. Un tempo ci si sarebbe accapigliati per decidere se sia un bene oppure no, ma oggi sembra che nemmeno alla politica importi più. Basta che funzioni. Quando è arrivato il suo turno, Sala ha scelto i manager, quelli che guardano ai bilanci e magari alla Borsa. È stato cosi per la Sea, dove ha voluto come amministratore delegato Armando Brunini, manager con una lunga esperienza nel settore aeroportuale a Bologna e a Napoli. In Atm è tornato Arrigo Giana – arrivato in azienda come tecnico anni fa, sul conto di Ignazio La Russa – poi alla Cotral di Roma. Ma anche alla Metropolitana Milanese è stato designato presidente Simone Dragone, ex JP Morgan, poi vicepresidente di Schroders e attualmente in Eidos Partners, società che ha fondato. Sta di fatto che, nelle aziende, hanno preso il potere i tecnici e la politica segna il passo.