Gianluca Oss Pinter, il fascista ebreo e salviniano che aiutava gli homeless
La voce della morte di quest'uomo burbero con la lingua iraconda si è sparsa rapida per le strade di Milano, dove i senzatetto lo aspettano ancora
Se il nome di Gianluca Oss Pinter non vi dice niente, buon per voi. Vuol dire che dormite ogni sera in un letto caldo e che mangiate a pranzo e a cena. Tutti quelli che invece dormono su un pezzo di cartone buttato su un marciapiede e per mangiare arrangiano qualcosa tra i rifiuti, Gianluca Oss Pinter lo conoscevano molto bene: era l’uomo burbero e la lingua tagliente, spesso volgare e iraconda, che ogni sera si occupava di loro, riuscendo, chissà come, a essere ovunque: che fosse il mezzanino della stazione Centrale con i profughi, o il bivacco di Porta Venezia, che fosse l’hub di via Sammartini o il camper dell’unità mobile. Lui c’era. Arrivava, tirava qualche moccolo, e poi si metteva a distribuire coperte, pasti e magari si fermava un po’ a fare quattro chiacchiere, per far sembrare la notte meno notte.
Queste righe non sono un necrologio né tantomeno un’agiografia, ché Oss Pinter non era un santo e ci teneva che la cosa fosse ben chiara a tutti, visto che i santi li disprezzava di tutto cuore. Ebreo, per lungo tempo a sua volta senza tetto, un passato oscuro e violento, perso nel sottobosco della criminalità fascista della Milano degli anni ’70, era stato, a un certo punto, militante della destra più nera, quella dei pestaggi e dei manganelli. Il suo nome compare anche nell’inchiesta sull’omicidio di Fausto e Iaio, era lui lo spacciatore fascista di eroina pestato da un gruppo di militanti di sinistra al Parco Lambro. Due giorni dopo partì una spedizione punitiva, per vendicare proprio quel pestaggio, nella quale furono uccisi i due ragazzi del Leoncavallo.
Storie lontane, di cui Oss Pinter evitava di parlare. Ma che però non rinnegava. Anzi. Non si era mai tolto la destra dal cuore. Rivendicava con orgoglio il suo essere stato fascista prima e il suo essere approdato al salvinismo poi. La Lega gli piaceva. Molto più della giunta Sala che, secondo lui, era una specie di covo di comunisti buoni a nulla (si dice fossero molto burrascosi i suoi rapporti con l’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino). “Salvini ha ragione – diceva – ma questi sono poveracci e io li aiuto. Se uno ha freddo a me non me ne frega niente da dove viene, gli do una coperta. Poi il resto si vede”. E ci vuol tutta a dargli torto.
“Gianluca era un frullato di contraddizioni”, ci racconta Alberto Sinigallia, presidente di Progetto Arca e responsabile di alcuni tra i più importanti progetti di accoglienza a Milano e dintorni. Oss Pinter era il suo braccio destro, quello che dava concretezza ed efficacia al lavoro di Arca. “Dormiva nel camper davanti all’hub di via Sammartini e di notte a qualunque ora accoglieva chi arrivava; oppure andava in giro a portare la cena ai senza tetto; oppure li portava a far visite mediche; oppure li aiutava con i documenti, o a incontrare i loro familiari, sparpagliati tra i centri di accoglienza. Era instancabile, davvero. Mai visto nessuno darsi da fare così, con tanta forza, con tanta urgenza”. Ora invece dovrà farlo qualcun altro, se ne è capace. Intanto, per le strade, la voce della morte di Oss Pinter, trovato morto nel suo alloggio di viale Ungheria il 3 novembre, si è diffusa rapida, dove i senzatetto lo aspettano ancora. E adesso che in giro per Milano non c’è più lui, il fascista ebreo e salviniano che aiutava i profughi e i clandestini, la notte è un po’ più sola.