Il mercatino di Porta Maggiore, un'intuizione (e una filosofia)
Entrarci è come fare un tuffo nel passato: lampadari in cristallo, arredi di modernariato. Il segreto del successo? Un buon allestimento e un personale all'altezza
Roma. Se c’è una cosa che ai romani piace fare durante il fine settimana è andare per mercatini. Attività che ha preso il volo in questi tempi di crisi, tra quelli che vendono per racimolare un po’ di denari e gli acquirenti, che magari riescono a trovare quel pezzo di arredamento che dà alla casa quel tocco in più senza spendere una fortuna. In città non c’è che l’imbarazzo della scelta, a partire dalla mitica Porta Portese, ritornata in auge dopo anni di appannamento. Ma pure altri: Ponte Milvio la domenica, reso suggestivo dalla vicinanza al fiume, o Borghetto Flaminio, vera istituzione di Roma Nord, o l’Urban Market di Monti, che si tiene su due piani di un hotel nell’omonimo rione. Un po’ per la posizione e un po’ per le cose proposte, vince il titolo di mercatino più hipster, se ancora esiste questa categoria sociale. A Roma sud c’è sempre il popolarissimo mercato di Via Sannio, a San Giovanni.
Qui però si vuole parlare di un mercatino speciale, a metà strada tra un mercato e un negozio, visto che sta in un luogo fisso ed è sempre aperto. Parliamo del mercatino di Porta Maggiore, che vende di tutto un po’: arredamento, oggettistica, abbigliamento, dischi in vinile, libri, oggetti da collezione, curiosità varie. Di negozi brandizzati “Il Mercatino” in città ce ne sono una trentina, ma questo è il più famoso. Entrarci è come fare un tuffo nel passato: lampadari in cristallo, arredi di modernariato, servizi di piatti o da the che sembrano usciti dalle poesie di Guido Gozzano, statue kitsch che non stonerebbero al Vittoriale di D’Annunzio, sofà e divanetti da vecchie zie, armadi della nonna, credenze, memorabilia di un tempo che fu. E che ritorna. Ma pure eliche di aeroplani, come quella trasportata sulla Rolls bianca dal protagonista di “Blow Up”, luci da set cinematografico, panchine da giardino, statue ad altezza naturale. Se poi non vi aggrada nulla, si può sempre spulciare tra libri e vinili. Difficile tornare a casa a mani vuote. Funziona così: se volete vendere un mobile, un incaricato viene a casa per vedere se è fattibile. Per il resto, si porta in negozio. Il cliente prende il 50 per cento sul prezzo di vendita, se si vende oltre 500 euro l’introito aumenta al 60 per cento, che diventa 70 se si superano i 1000 euro. Se l’oggetto resta invenduto oltre due mesi, si abbassa il prezzo del 10-20 per cento. “In città abbiamo il record di vendita sulla merce proposta, quasi tutto prima e poi viene venduto. Il segreto? Un buon allestimento e un personale all’altezza. E poi favoriamo la socialità: abbiamo un angolo bar dove le persone si fermano per un caffè”, racconta Tullio, 24 anni, uno dei responsabili. Aggiungiamo però anche le giuste dimensioni: non troppo piccolo da farlo sembrare un robivecchi, ma nemmeno enorme, da hangar senz’anima. E il pubblico risponde: c’è sempre gente, clientela sofisticata e collezionisti, una certa Roma intellettuale e cinematografara, artistica. Si vede spesso Paolo Sorrentino. E anche lo stilista di Gucci, Alessandro Michele. Più vippanza varia, che nella Capitale non manca mai: attori, giornalisti, scrittori, personaggi televisivi. Il record si è toccato con due angeli di marmo provenienti da una chiesa: venduti a oltre 20 mila euro. “Quello che riteniamo invendibile, però, non lo prendiamo”, sottolinea Tullio.
Il Mercatino è un franchising e la sua storia è da raccontare. Il fondatore è Ettore Sole (classe 1950): lavorava in una multinazionale, a 40 anni resta disoccupato e (siamo nel 1989) decide di aprire un negozio di “robe” usate a Verona, la sua città. Prima 200 mq, poi 1000 e poi 2000. S’inventa la vendita per conto terzi su vasta scala: nel 1993 in un solo mese fattura 200 milioni di vecchie lire, nel 1995 diventa franchising e riceve 1.200 richieste di apertura. Oggi “Mercatino srl” ha 186 punti vendita in tutta Italia, con un giro d’affari di 80 milioni di euro all’anno, 9,5 milioni sono gli oggetti venduti per quasi 11 milioni di clienti tra venditori e acquirenti. Le sue parole d’ordine sono “riuso”, “economia circolare” e “sostenibilità ambientale”. Si può acquistare anche sul sito grazie a un accordo con eBay. La sua storia e la sua filosofia di vita l’ha raccontata in un libro (scritto insieme a Pietro Luppi): “Il salto della pulce. La rivoluzione dell’usato: una seconda vita per le cose e le persone” (Edizioni Altreconomia).