Le case del Papa
Nel 2017 il richiamo di Francesco. Ora le case in housing sociale di Fondazione San Carlo, avute dal Comune di Milano, sono 106
Viene Natale, Papa Francesco invita tutti i fedeli a fare il presepe – la prima casa, alquanto provvisoria, della Santa Famiglia – e a esporlo anche nei luoghi pubblici. Ma il problema dell’abitare, in una città pure opulenta e scoppiettante sotto il profilo immobiliare come Milano, non finisce con l’Epifania. Una politica e una società civile responsabili stanno affrontando da tempo il problema, tra recupero dell’edilizia pubblica e la crescita del settore dell’housing sociale, di cui Milano è antesignana in Italia. Poi, presepi di Francesco a parte, ci sono anche “Le case del Papa”. Che ora divengono ben 106, e che sono una realizzazione concreta e lungimirante che vale raccontare, non solo perché viene Natale. Daniele Conti è il l presidente della Fondazione San Carlo, che compie quest’anno i suoi primi 25 anni di attività, e ha annunciato che entro febbraio saranno pronti 33 nuovi appartamenti sociali in zona Lorenteggio, che si aggiungo ai 18 di Turro-Precotto e ai 55 di zona Niguarda. Si tratta di un’operazione di housing sociale promossa da Caritas Ambrosiana e realizzata da Fondazione san Carlo in collaborazione con il Comune di Milano, e che ha preso l’avvio proprio dalla visita a Milano di Papa Francesco nel 2017, che per prima cosa andò proprio a visitare alcune famiglie che abitano case popolari malandate. Si tratta di questo: bilocali o trilocali di proprietà del Comune che sono stati stralciati dalle liste di edilizia residenziale pubblica perché troppo ammalorati. Attraverso un bando pubblico, Fondazione san Carlo insieme con Fondazione Attilio e Teresa Cassoni li hanno ottenuti a fini sociali per 20 anni, attuando la ristrutturazione con risorse proprie. Gli appartamenti sono assegnati a canone calmierato a persone o nuclei familiari selezionati secondo una graduatoria trasparente. “In una città come Milano, una delle povertà più gravi è proprio quella legata alla casa per la mancanza di alloggi a canoni accessibili a una fascia di popolazione ampia, troppo povera per il mercato, ma non abbastanza indigente per avere diritto alla casa popolare. Questa formula innovativa, basata su un patto tra istituzioni e realtà del non profit, ha permesso di recuperare un patrimonio immobiliare inutilizzato”, ha spiegato Daniel Conti.