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Le soluzioni a breve termine di super lusso o basic stanno cambiando il mercato. Allarmi e idee
E’ arcinoto (forse alla fine anche un po’ preoccupante) che il petrolio che in questi anni ha fatto muovere Milano sia l’immobiliare. La rigenerazione urbana e il residenziale di pregio, che spesso viaggiano di pari passo e intrecciati. Un report dell’ufficio studi Gabetti su dati Santandrea Luxury Houses (in collaborazione con BVA Doxa) presentato nei giorni scorsi certifica l’immobiliare di pregio (centro storico e “nuove” zone limitrofe) continua a pompare più di un pozzo del Texas: attorno ai 10 mila euro a metro quadro per l’usato (molto sicuro) fino ad arrivare ai 14 mila euro al metro quadro per il nuovo. E il vero problema, spiegano gli operatori del segmento, non sono certo i costi, ma il fatto che a Milano c’è poca offerta rispetto alla domanda.
Domanda fortemente sostenuta anche dalla clientela internazionale che ha ormai considera Milano come luogo d’elezione e i player dell’immobiliare internazionale, siano australiani o canadesi, che la considerano un ottimo investimento. Poi, però, c’è tutto il resto. E non stiamo parlando in questo caso del tradizionale “problema abitativo”, o delle periferie ancora in attesa di ristrutturazione. Uno dei temi che da economici si stanno trasformando in politico-sociali e stanno trasformando il mercato (non soltanto a Milano, è un fenomeno che riguarda tutte le città storiche e turistiche: ma Milano ha una dimensione critica) è ad esempio quello delle case in affitto a breve termine. Targati Airbnb, ma non soltanto: lo stesso Gruppo Gabetti ha da poco lanciato “Gabetti Short Rent”, dedicato alla valorizzazione dei patrimoni immobiliari di pregio con le formule di affitti a breve termini. E si tratta di un mercato in crescita. Ma il nome sotto i riflettori è ovviamente Airbnb, fenomeno trasformatosi in breve tempo in un trasformatore del mercato degli affitti in grado di mettere in crisi altri tipi di offerta. Il tessuto di quartieri come il Ticinese, Porta Garibaldi, Porta Romana sta cambiando, ma il fenomeno si allarga. Tanto che, parlando a un convegno, ma le parole hanno fatto titolo, l’assessore all’Urbanistica Pierfrancesco Maran e Roberta Guaineri, assessore al Turismo, hanno annunciato idee per regolamentare i giorni all’anno in cui è possibile l’affitto breve. Milano non è l’unica città italiana che sta muovendosi in questo senso, e un provvedimento simile in Europa è già stato preso in diverse città: a Londra non si può affittare per più di 90 giorni, ad Amsterdam per più di 30. In gioco c’è lo snaturamento dei centri storici, che rischiano in città come Firenze o Bologna di spopolarsi, o di essere popolate solo da super ricchi non particolarmente interessati ad aprire un negozio, o alla lavanderia sotto casa. Ci sono tante problematiche, e contraddittorie, attorno al fenomeno degli affitti brevi: a partire dai numeri, che tra affittuari “occasionali”, Airbnb e Federalberghi non combaciano proprio per nulla. E inoltre i regimi di tassazione, per non parlare dell’evasione-elusione fiscale. Poi c’è una questione sistemica, che non riguarda solo l’Italia. Ad esempio i sindaci di città comparabili con Milano come Parigi, Vienna, Amsterdam, Bruxelles, Monaco di Baviera, Valencia, Bordeaux, Cracovia – sindaci di diverso orientamento politico – hanno chiesto alla Unione europea i poteri per bloccare Airbnb di propria iniziativa.
L’idea di Maran segue di poco del resto la proposta del ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini, di limitare a tre il numero degli immobili che un privato può affittare per soggiorni brevi: diversamente la sua attività sarà equiparabile a un’impresa, con i relativi oneri. Ma si innesta su una problematica che è tipicamente milanese. L’affitto a breve termine, sia nel segmento “luxury” che in quello più turistico, minaccia infatti non soltanto di snaturare il centro storico di Milano (questo riguarda forse più le città d’arte, soprattutto quelle piccole) ma di sottrarre ossigeno agli affitti più a lungo termine. Che riguardano la popolazione residente, e in particolare le nuove coppie e gli studenti universitari o post universitari che vengono a stabilirsi a Milano.
Tutto questo, in una città che, per quanto virtuosa nel panorama nazionale per quel che concerne l’housing sociale, a livello delle grandi città europee è in grave ritardo. Così, con una spirale ascendente dei prezzi e un assottigliamento del mercato, il problema abitativo diventa più grave. Ma dare la colpa soltanto ad Airbnb è evidentemente sbagliato. Maran parla anche di una fiducia da ricostruire con i proprietari, di affiancare al “vecchio 4+4” formule più moderne per affitti più brevi. Ma il vero problema è di come rendere questi affitti vantaggiosi per i proprietari quanto quelli a breve termine.