(foto LaPresse)

Meno Salvini

Fabio Massa

Ai milanesi non parla più e i volti della Lega sono Fontana e Zaia. Le difficoltà a Roma e il futuro

Sono giorni strani, a Milano. Giorni di iperattività telefonica, social ma poco sociale, con le autorità ognuna chiusa nel suo Palazzo. Da una parte Palazzo Marino con il sindaco Beppe Sala, dall’altra Palazzo Lombardia con il governatore Attilio Fontana e il frontman Giulio Gallera. Il primo va su Instagram, tutti i giorni. Il secondo, in televisione, tutti i giorni. Messaggi mattutini social e bollettini di guerra serali. La giornata politico-mediatica si scandisce così, bipartita. In mezzo, qualche polemicuccia.

 

Chi altro c’è, sulla scena mediatica? Nessuno. Soprattutto, non c’è Matteo Salvini. Il leader leghista non “parla” ai milanesi e ai lombardi ormai da molto tempo, settimane. Sembra una vita fa, quando lui, proprio come Beppe Sala e altri invitava a non chiudere Milano e ad affollare ristoranti e pub. Poi, è cambiato tutto. E’ emerso Attilio Fontana. L’uomo moderato, mite, che pure ha metaforicamente preso per la collottola Giuseppe Conte, nel momento più incompreso (da Roma) della crisi. E’ stato lapidato per la sua mascherina, poi riabilitato quando la crisi si è dimostrata davvero grave. Esattamente come Luca Zaia, prima sul rogo per la questione dei topi e dei cinesi e oggi invece elogiato per la politica sui tamponi, anche se in contrasto con le linee guida dell’Istituto superiore di Sanità. Sullo sfondo, aggiungendo anche le scaramucce per avere il via libera da Roma per l’ospedale di Fiera, c’è sempre, mai sopito, lo scontro tra autonomisti e centralisti. Uno scontro che Salvini, quando era al Viminale, ha cercato disperatamente di dribblare (facendo molto arrabbiare i suoi) puntando tutto sulla sicurezza. Ma adesso, con le due regioni in emergenza, la Lega sempre di più ha la faccia dei due governatori. Certo, al momento nessuno può pensare che una Lega al 30 per cento possa fare a meno di Matteo Salvini. Però oggi Salvini è in difficoltà sul piano nazionale, con la sua opposizione dura e pura ma senza sbocchi, mentre sul terreno dell’emergenza non ho molto da dire, e deve affidarsi ai suoi due “backup”. Amministratori validi e – soprattutto nel caso di Fontana – per nulla competitor in eventuali sfide interne. Del resto, che dovesse puntare sui governatori piuttosto che su polemiche che oggi paiono lunari (tipo quelle sui migranti), l’aveva capito anche lui, se prima dell’avvento del virus Cigno Nero aveva organizzato una convention proprio per opporre il buongoverno delle Regioni a quello di Roma. Ma a lungo andare, il prevalere della Lega “governante” su quella di propaganda potrebbe raddrizzare un po’ il timone del Capitano.

 

C’è però una strana analogia, oggi, tra la situazione di Salvini e quella di Beppe Sala. Così come Salvini soffre il protagonismo di Conte e deve lasciare il campo a Fontana e Zaia, allo stesso modo Sala soffre il ruolo di Fontana. In questo momento, è chi ha le leve del governo che guida il gioco. Non stupisce il calo di popolarità di Salvini, e lo spazio risicato di Sala. Ma anche avere le leve in mano, in questo momento, ha i suoi costi. La Lombardia è la regione più colpita, e non è difficile immaginare che arriveranno polemiche sulla gestione della crisi e magari anche inchieste. Se hanno messo nel mirino Sala che ha salvato l’Expo (una grande vittoria per l’Italia), figurarsi se non metteranno sul banco degli imputati chi ha gestito un’emergenza sanitaria che per sua natura è una sconfitta per tutti. Si vedrà, alla riapertura di via Freguglia, si potrebbe scommettere. E in quel momento bisognerà capire se Matteo Salvini sarà riconoscente ai suoi colonnelli che oggi tengono la scena e tengono accesa la luce nella Lega di lotta e di governo.