Chi produce farmaci a Milano
Sergio Dompè, a capo di una azienda leader nata qui, spiega il lavoro di un pool internazionale sul Covid
Il quartier generale è nel cuore di Milano, tra le vie San Martino e Santa Lucia, dietro corso Italia, sempre lì dalla fine degli anni ’40. Ma la Dompè farmaceutici spande i suoi influssi medicamentosi fino all’Aquila, dove si trovano il Centro ricerche e la sede operativa, e arriva fino a Boston e in California. “Oggi la parte più importante del fatturato lo facciamo negli Stati Uniti. Stiamo raddoppiando a Napoli il nuovo centro dopo un accordo con la Federico II”, racconta al Foglio Sergio Dompè, quarta generazione di una famiglia lombarda che fin dal 1800 si occupa di farmaceutica. Ex presidente di Assobiotec e di Farmindustria, oggi è vice presidente di Assolombarda con delega Life Sciences. E parte proprio dalla Dompè il consorzio pubblico-privato Exscalate4CoV (E4C) che si è aggiudicato 3 milioni di euro del bando della Commissione europea per progetti di ricerca sul coronavirus nell’ambito del programma quadro Horizon 2020. “Le pandemie – dice al Foglio Dompè – sono purtroppo ricorrenti e quello che in questa vicenda bisogna sottolineare sono la mancanza di investimenti e capacità di visione, una eventualità che doveva farci trovare maggiormente preparati sia per quanto riguarda le strutture pubbliche che la ricerca specifica. I nostri ricercatori, temendo una ipotesi di questo genere avevano messo a punto una piattaforma di ricerca. Fulcro del progetto è Exscalate (EXaSCale smArt pLatform Against paThogEns), il sistema di supercalcolo più performante a livello globale grazie alla sua “biblioteca chimica” di 500 miliardi di molecole, in grado di valutare di più di tre milioni di molecole al secondo. Ci si avvale del super computer Marconi che verrà presto sostituito da Leonardo, la macchina di calcolo più potente che abbiamo in Italia e una delle più potenti d’Europa”. Il consorzio guidato da Dompé farmaceutici aggrega 18 istituzioni e centri di ricerca in 7 paesi europei: dal Politecnico di Milano all’Università degli Studi di Milano )Scienze farmaceutiche) alla Katholieke Universiteit Leuven fino allo Spallanzani e altri.
“Stiamo lavorando con l’Ue in collaborazione con l’Agenzia europea del farmaco: i primi risultati della piattaforma sono previsti entro una settimana. Su questo abbiamo anche una collaborazione con il ministero della Scienza e della Tecnologia cinese che ci manda direttamente le proprie molecole e ora stanno per entrare nel consorzio anche altre case farmaceutiche internazionali”. Come nasce l’dea di Exscalate? “Il capo della nostra ricerca più di dieci anni fa rilevò che bisognava sfruttare le potenze del digitale in ambito della farmaceutica. Mancava uno strumento di questo genere e qualcuno avrebbe dovuto farlo senza avere la pretesa di riuscire né di essere il migliore perché quando si svolge un’attività di ricerca la tua miglior compagna di viaggio è l’umiltà”. A che punto siamo con gli studi? “La ricerca sta offrendo più di venti vaccini nel mondo che in questo momento sono allo studio. Le maggiori competenze internazionali sono italiane per merito di un centro di ricerca che appartiene a GlaxoSmithKline, casa internazionale, ma il centro di ricerche è a Siena dove si trova il ricercatore italiano considerato il migliore al mondo, Rino Rappuoli. Attualmente ci sono circa trenta farmaci testabili. Ma su tutto decidono poi le autorità del Farmaco”. Sui tempi del vaccino, Dompè è ottimista, “fermo restando che tempi per la vaccinazione preventiva della popolazione non sono brevi quindi è chiaro che sull’emergenza è più facile che arrivi prima un farmaco di cura del vaccino risolutivo“.
Come va la farmaceutica in Italia, in questo momento? “Il nostro settore si è salvato grazie alla grande capacita e al network tra le industrie chimiche, quelle che producono i principi attivi per i farmaci, le aziende che fanno le macchine per la farmaceutica in particolare per il confezionamento e la rete dei centri di produzione che c’è in Italia, perché il mercato italiano è molto difficile, asfittico e complicato. Il settore è riuscito a resistere in tutti questi anni perché ha portato un miserrimo 17 per cento di export che facevamo circa trent’anni fa a oltre il 70 per cento che facciamo oggi. L’hub farmaceutico italiano è il primo in Europa e siamo convinti che quando ci sarà l’uscita da questa situazione tanto complicata, il nostro settore avrà un altro compito importante ovvero contribuire insieme agli altri settori che non si sono fermati a fare da traino per la rinascita del sistema italiano che in questo momento è terribilmente in ginocchio a causa delle conseguenze pratiche di questo virus”.
Tornando indietro nel tempo, il fatto che Milano abbia perso la sede dell’Ema è stato molto negativo. “Super negativo, una ferita ancora aperta. Sarebbe stato importantissimo averla a Milano in particolare e in Italia in generale. Per l’industria farmaceutica, che si chiama anche economia della conoscenza, avere qui il centro della competenza, con gli esperti internazionali, i meeting organizzati a Milano, il loro know-how, i confronti sui tanti temi, per un paese che è povero di investimenti ma ricco di scienza come è il nostro sarebbe stato il nostro Expo per molto tempo”.
Il vostro ultimo successo? “La nuova terapia per il trattamento di una malattia rara e orfana di cura dell’occhio a base di Nerve Growth Factor, la proteina che scoprì Rita Levi Montalcini, per cui le fu conferito il premio Nobel per la Medicina, riconosciuta da FDA Breakthrough Therapy e che noi abbiamo sviluppato e portato in tutto il mondo. Il farmaco è disponibile in Usa dal 2018“.