Stiamo già ripartendo, anche con la pubblicità. Dice Marco Testa
“La gente non vede l’ora di ricominciare a ridere, di ripartire. E le aziende hanno voglia di rinnovamento e sviluppo”, dice il numero uno del più importante gruppo della comunicazione italiana
“La gente non vede l’ora di ricominciare a ridere. La voglia di ripartire è palpabile e non ce lo dicono solo le ricerche, ma la nostra stessa voglia di ricominciare a guidare la nostra vita: però, la spinta e il successo di questa nuova partenza dipenderà anche dalla velocità con cui la metteremo in atto. Più la procrastiniamo, più subiremo gli effetti di questo lungo stacco”. La fase uno del coronavirus si è esaurita; è ora di passare alla fase 2 anche per la comunicazione pubblicitaria, dice Marco Testa, alla guida del più importante gruppo della comunicazione italiana fondato dal padre Armando nel 1946, data fondamentale per capire con quale spirito il figlio parli del “rilancio” e della “carica per la ripartenza” che vede nelle aziende di cui segue, talvolta da quasi mezzo secolo come nel caso di Lavazza, il rafforzamento delle posizioni commerciali e della famosa reputation su cui si sono appunto concentrate le attività degli ultimi due mesi.
Le ripercorre tutte e, considerata la forza di impatto del suo network, vi leggiamo in controluce tutte le grandi campagne televisive e social di questa disgraziata e folle era coronavirus, da Esselunga a Pan di Stelle Barilla a Fater (Lines), riportato in scena con un’adorabile attualizzazione non profit dell’ippopotamo Pippo e della Famiglia Papalla, con testi donati da J.Ax, “per intrattenere un po’ i bambini confinati in casa”. In questo primo periodo, dice Marco Testa, il modo corretto di procedere era di realizzare qualcosa di concreto per il paese, dalle donazioni agli ospedali alla disponibilità produttiva di materiale sanitario; azioni cioè che facessero sentire al pubblico la presenza forte, viva ed efficace delle marche (la moda dice brand, la pubblicità dice marche, ndr) anche in un momento di difficoltà generale. Quindi, bisognava far sentire la propria vicinanza anche con gli addetti ai settori produttivi rimasti aperti durante l’emergenza, ed è quello che tante aziende hanno fatto, con campagne specifiche di ringraziamento, pensate per rafforzare il senso di comunità”, spiega l’imprenditore dal buen retiro sul monte di Portofino da cui guida in questo periodo le attività della Armando Testa, fra le quattordici sedi in Europa e quella in grande crescita di Los Angeles, snodo fondamentale per interpretare i gusti della Silicon Valley edel potere cinematografico, in cui si è già avventurato istituendo un premio.
Esaurite anche le iniziative social per rafforzare il legame con la marca, con l’ironia e il gusto del paradosso che il rapporto uno-a-uno consente (“per Yamaha abbiamo sviluppato iniziative di engagement che suggerivano come giocare con la propria moto ferma in garage”) ora ritiene che sia giunto il momento di guardare avanti: “C’è una forte spinta al rinnovamento e allo sviluppo anche da parte di aziende che in questi mesi hanno dovuto chiudere”. E questo, aggiunge, passerà anche attraverso la comunicazione pubblicitaria, a suo dire particolarmente efficace in una fase in cui l’informazione seria e corretta ha riacquisito centralità e “l’esposizione ai media classici, stampa e tv in testa, è quasi raddoppiata”.
Lessico, immagine e modi andranno però rinnovati: due mesi di emergenza hanno cambiato il comportamento diffuso della gente, spingendola verso un ritrovato amore e un sentimento di orgoglio per il paese; quel genere di nazionalismo “buono” categorizzato anche da Maslow nella sua gerarchia dei valori e dei bisogni: “Non escludo che assisteremo a una rivisitazione dell’immagine di marche di massa con l’inserimento della bandiera italiana”, così come è possibile che si evolva anche l’interesse verso categorie di beni finora ritenuti inaccessibili o relativamente interessanti come le auto elettriche: il timore di spostarsi sui mezzi pubblici e al contempo il desiderio di preservare il progressivo recupero dell’ecosistema dovuto allo stallo produttivo di questi mesi dovrebbero infatti portare a una crescita del segmento. La voglia di tornare a fare vita sociale e a comprare c’è, e la pubblicità lo sa. Che poi manchi la disponibilità economica per farlo, bisognerà attendere qualche mese per avere la misura di quanto.