Gianfelice Rocca spiega (via Zoom) cosa può dare la Lombardia
"Ripartiamo dall’orgoglio per quello che siamo, con necessità e consumi diversi dal passato" dice il presidente dell'Istituto clinico Humanitas, in uno degli incontri organizzati da Alfredo Ambrosetti
L’occasione è di fatto un’abitudine. Perché gli incontri dell’associazione “Per il progresso del paese”, sono settimanali e ogni volta c’è qualcosa di nuovo. Regista, inventore, deus ex machina è Alfredo Ambrosetti, famoso nel mondo, tra le altre cose, per l’organizzazione del Forum di Villa d’Este di Cernobbio, e che ha fondato l’associazione nel 2019. “Non vogliamo essere un partito, ancor meno vogliamo essere i portavoce di una corrente politica, non vogliamo partecipare direttamente alle campagne elettorali, non ci aspettiamo necessariamente soluzioni di problemi da parte dei governi in carica”, spiega Ambrosetti al Foglio. “Noi vogliamo essere una voce della società civile che in Italia è stata troppo spesso silente o sommersa dal rumore assordante di proteste fine a se stesse o strumentalmente alimentate. Democrazia significa potere del popolo. Noi riteniamo di essere una parte impegnata e attiva del popolo”. Programmi? “L’Italia e l’Europa, il nostro paese. Il nostro impegno è di aiutare il paese a essere sempre più attraente per chiunque voglia investire, più competitivo e meno povero, più aperto”. Allo stesso tempo, Ambrosetti sa bene che “senza un’identità ben definita la nostra Associazione rischia di diventare (o diventa) una casa senza fondamenta”. E di cosa significhi identità, il Cavaliere del lavoro Ambrosetti ne sa parecchio: lo Studio Ambrosetti, con l’esperienza del suo Studio che ha fatto da consulenza al meglio dell’imprenditoria in Italia e all’estero e di molte imprese familiari, che come spesso ha sostenuto sono il più grande patrimonio economico italiano. L’identità è il senso profondo di appartenenza. Rappresenta insieme il livello di coesione e di motivazione. A parlare in questi incontri, regolarmente sulla piattaforma Zoom in quest’epoca di lockdown e distanziamento socile, ogni lunedì si alternano diverse personalità. Il format pre Covid prevedeva, sempre di lunedì, incontri due volte al mese al Clubino o nello studio del presidente, Andrea Rittatore. Tra i soci fondatori Cesare Galli, Enrico Cucchiani, Giulia Maria Governa. Tra gli advisory board Francesco Alberoni, Silvio Garattini, Daniela Mainini, Ferruccio Resta, Marco Tronchetti Provera, Cristina Cattaneo. Ospiti sempre ammessi Ferruccio de Bortoli, Piero Angela, Paolo Magri, Mario Monti.
L’ultimo incontro aveva un tema preciso, quantomai attuale: “Lombardia, motore a vantaggio di tutto il paese”. Tra i relatori Gianfelice Rocca, presidente del gruppo industriale Techint e dell’Istituto Clinico Humanitas. “Di fronte a questo virus abbiamo perso molte certezze e il nostro unico faro è la scienza accompagnata dai dati – ha esordito Rocca – Gli strumenti che abbiamo per affrontare le conseguenze economiche e sociali della crisi sono vecchi, vanno bene solo per il passato. Dobbiamo pensare in modo diverso a partire dalla digitalizzazione che ha rivoluzionato le nostre abitudini ed è il nostro pane quotidiano“. E continua: “Mi sono chiesto da dove iniziare per ricostruirci, reinventarci e trovare la forza per farlo. Partirei dall’affrontare una prima ambiguità italiana. Il tema dell’articolazione territoriale, degli interventi dello stato, della burocrazia, è fondamentale per avviare la ripresa di questo paese e per liberare energie creative. Il problema dell’impostazione italiana è avere contemporaneamente autonomia e centralismo, quella che definisco autonomia sfiduciata. L’esempio è rappresentato dalle università: siccome è stata data autonomia ad alcune che l’hanno usata male, si mettono lacci e lacciuoli anche alle altre. Questo vale per le regioni e per tutto lo stato. Nel nostro modello si sommano il costo di uno stato centrale di tipo francese e il costo di un’organizzazione basata sui Land di tipo tedesco. E’ mancata la capacità di far dialogare queste diverse articolazioni e le relative burocrazie. Ma non esiste progresso senza buone burocrazie. Dovremmo riflettere su come potenziare l’articolazione dei diversi territori, di cui la Sanità è un esempio: l’organizzazione lombarda è diversa da quella del Veneto o da quella dell’Emilia-Romagna. Le soluzioni vanno cercate nelle diversità territoriali, e non in valutazioni centrali fatte aprioristicamente”.
Altro aspetto su cui riflettere, ha detto Rocca è la capacità di un sistema come Milano (e Città metropolitana) di continuare ad attrarre studenti internazionali. “E’ stata una leva importante per ‘far volare Milano’, ritengo sia fondamentale pensare a un nuovo piano strategico per la città che rimetta al centro il valore della formazione universitaria cosmopolita e della ricerca”. Preoccupa invece un vento neo-centralista e una dipendenza dallo stato “che nel medio periodo può essere lesiva del tessuto sociale e di una sana capacità imprenditoriale. Prevale in questo periodo una politica del contro, dell’invidia, della critica non costruttiva: contro l’Europa, la Lombardia e il privato, che viene presentato come un punto di debolezza e non invece come una grande risorsa”. Non ha dubbi, Rocca: “Ripartiamo dall’orgoglio per quello che siamo, ma una cosa è certa, usciremo da questa crisi con settori, necessità e consumi assolutamente diversi dal passato”.