Nel famoso paese normale, o in una regione un po’ meno sotto stress nelle sue componenti politiche, le cose sarebbero andate in modo più lineare. Il capo in difficoltà per una guerra (al Covid) persa sceglie il suo capro espiatorio – il suo assessore, ma non del suo partito – e lo toglie dalla scacchiera per cercare di rafforzarsi. Tra i lamenti però risentiti del partito alleato, che vede sacrificato il suo esponente. Martedì in Consiglio regionale le cose sono andate esattamente al contrario. Davanti a una mozione del Pd per richiedere la pubblicazione trasparente dei fondi destinati alla Sanità privata, cui l’assessore al Welfare Giulio Gallera si opponeva, la giunta è andata sotto, con giubilo della parte avversa. Perché 14 consiglieri di maggioranza hanno votato con l’opposizione. E a rapidi conti fatti, sono consiglieri di Forza Italia. Mentre la Lega ha (avrebbe) votato compatta in difesa dell’assessore dell’altro partito. E il giorno dopo più voci leghiste hanno rivendicato la fedeltà di voto e di linea. In sostanza, la Lega guidata da Salvini ritiene che non sia il momento di rimpasti o cambi di poltrona: sarebbe un segnale di debolezza, una sconfessione di quanto fatto finora, in tema Sanità. Dall’altra parte, invece, c’è un partito, Forza Italia, sempre più liquido al suo interno che nell’assessore Gallera non si riconosce. Un po’ perché Gallera non è mai stato parte di nessuna componente di FI, un po’ perché la vittoria a molti padri ma la sconfitta nessuno. Così arrivano segnali. Che, nel famoso paese normale, potrebbero essere intesi come richieste di discontinuità, e persino come un assist a Fontana per liberarsi dalla linea salviniana che, anche nella gestione Covid, non ha dato grandi risultati e da una parte del partito – rigorosamente silente, da Giancarlo Giorgetti in giù – non è del tutto condivisa. Paradossalmente aver agevolato la vittoria, per quanto parziale, delle opposizioni rafforza Fontana nella sua posizione di non cambiare nulla, almeno per ora. Visto in prospettiva più ampia, dalla Lombardia arriva anche un segno di litigiosità e di debolezza della coalizione di centrodestra, che indirettamente lancia segnali anche sul futuro della tenuta nazionale, nonché sul grado di competitività interna quando ci sarà da scegliere il candidato sindaco di Milano. Il tutto in un momento in cui la Lombardia avrebbe invece maggior bisogno governo, e governo strategico.
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