No alla sagra d'autunno
Invettiva contro la sagra-del-prodotto-locale e contro i suoi terribili effetti collaterali
Non c'è niente di peggio della sagra (del fungo porcino, del cinghiale, del tortello) per attentare alle abitudini (non sane, ma c'è un limite a tutto) delle ragazze aperitiviste. Le quali in autunno si trovano sovente, nel tempo libero, a dover seguire fidanzati, amici e persino scriteriate amiche alle terribili sagre del prodotto locale (qualsivoglia prodotto). Qualora si ceda al richiamo della sagra, si va incontro, nell'ordine, a: pioggia battente, freddo prematuro, malinconia incipiente (i paesini mezzi deserti e non sempre "d'arte" facilitano lo spleen), abboffate di consolazione, bevute scadenti – specie se, com'è facile, si arriva in ritardo sull'orario del pranzo, e a quel punto tocca riempire il bicchiere con rimasugli di festa agreste quali aranciate, vini bianchi caldi, vini rossi quasi frizzanti.
Letale, poi, è l'abbinata della sagra con la visita a una cittadina limitrofa (questa sì, d'arte), con mal di testa causato dalla suddetta mangiata e bevuta scadente.
Ci dissociamo pertanto dalla pratica autunnale del turismo da sagra, contenti di pascolare, la domenica, nelle solite piazze gremite di aperitivisti ottusamente cittadini.