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Raggi prima batte cassa e poi vuol battere moneta

Luciano Capone

“Stiamo lavorando sull’introduzione di una moneta complementare. Stiamo studiando un modo per favorire le economie locali" Così il sindaco di Roma distrae i romani con la logora trovata del conio comunale

Roma. “Allora sindaco, che fa? Batti?”, chiederebbe il ragioner Filini a Virginia Raggi. Dopo aver battuto cassa il sindaco di Roma vuole battere moneta. Martedì, durante un’audizione alla Camera presso la Commissione d’inchiesta sulle periferie, la Raggi ha chiesto al governo altri soldi (oltre ai 300 milioni l’anno che lo stato già eroga per ripagare l’enorme debito del comune): “Per rimettere in moto tutto servirebbero nell’Agenda Roma 1,8 miliardi di euro extra che la città non può produrre. Ce li date perché siamo la Capitale o no? Ci date i poteri speciali perché siamo la Capitale o no?”. Accantonato per incompatibilità con la realtà quello che doveva essere il primo punto del programma, ovvero la rinegoziazione del debito, la Raggi ha scelto di accollarlo ancora di più ai contribuenti italiani. Oppure, in alternativa, di stampare una propria moneta.

 

E’ questa infatti l’ultima trovata della giunta: “Stiamo lavorando sull’introduzione di una moneta complementare. Stiamo studiando all’interno del progetto Fabbrica Roma un modo per favorire le economie locali aiutando lo scambio tra le aziende e creando un mercato parallelo tra le economie del territorio”, ha dichiarato l’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo. “Non si tratta di euro e neanche di moneta elettronica, ma di moneta alternativa. Il vantaggio sta nel creare fidelizzazione tra i soggetti appartenenti alla rete che si scambiano beni o servizi”. Il progetto così esposto è abbastanza fumoso, ma l’assessore ha indicato un modello esistente: “Può essere chiamata in tanti modi: in Sardegna c’è il Sardex, il Tibex nel Lazio”. Non è un’idea completamente nuova, era una delle proposte che più avevano fatto discutere e sorridere in campagna elettorale – insieme alla costituzione di cooperative di quartiere per lavare i pannolini multiuso – che la Raggi aveva definito “baratto parziale”.

 

Come prima cosa bisogna distinguere il Sardex, che è la più nota delle cosiddette “monete complementari”, dalle proposte della giunta grillina. Sardex è una circuito commerciale consolidato, che permette agli iscritti di aumentare la propria capacità di liquidità scambiando beni e servizi con le altre aziende della rete. E’ qualcosa che funziona, in un contesto dove già ci sono scambi di filiera territoriali, ed è soprattutto un’iniziativa privata che, negli stessi termini, potrebbe nascere spontaneamente a Roma se se ne sentisse il bisogno e ci fosse mercato. La sensazione è che il problema della giunta Raggi sia la liquidità del comune più di quella delle aziende, e che quindi serva più una moneta intesa come emissione di debito. Una soluzione simile a quella offerta a livello nazionale dal M5s, la “moneta fiscale”, per creare una valuta parallela all’euro, in modo da uscire ma non troppo dalla moneta comune. In tal caso l’idea della giunta Raggi, compatibilmente con l’ordinamento giuridico, potrebbe essere un modo per superare i vincoli di bilancio e sconquassarlo (il bilancio).

 

Ma l’ipotesi più probabile, e forse quella più auspicabile, è che alla fine l’iniziativa faccia la fine del “Napo”, la moneta introdotta a Napoli da Luigi de Magistris. Nel 2012 l’allora neosindaco, nel tentativo di costruire un nuovo polo di sinistra e anti sistema sotto le insegne del Movimento Arancione (anch’esso fallito), strizzava l’occhio alle teorie alternative e creative che puntano a uscire dalla crisi e dall’oppressivo sistema capitalista attraverso la stregoneria monetaria: “Visto che l’Europa ha l’Euro, noi pensiamo a Napoli di fare il Napo”. L’idea era quella di stampare dei pezzi di carta che funzionassero come moneta complementare per acquistare beni e servizi all’interno di un circuito locale di esercizi commerciali. Le persone in possesso dei Napo avrebbero potuto spendere le banconote sottoforma di sconto del 10 per cento nei negozi convenzionati: per esempio il consumatore avrebbe potuto pagare una spesa di 30 euro con 27 euro e 3 Napo regalati dal sindaco. L’esercente avrebbe poi potuto spendere i Napo incassati insieme agli altri commercianti della zona per avere una specie di corsia preferenziale per acquistare arredo urbano per il quartiere. La stessa identica idea era stata proposta dalla Raggi in campagna elettorale: “Utilizzando questa sorta di buono sconto il cittadino risparmia, andando dal parrucchiere, nei piccoli esercizi sotto casa. Quest’ultimo potrà andare a un bar e comprarsi un tramezzino pagando un euro e uno cheque. Un baratto parziale, perché la moneta continua a circolare”. Una cosa gratuita, equa, solidale e benecomunista, che secondo una concezione tipografica della crescita economica produrrebbe anche ricchezza. Purtroppo però non servono a niente, a Napoli nessuno ha mai usato i Napo, che sono scaduti, vergini, nel 2015.

 

L’idea non è nuova nel giro del M5s, l’ha già messa in campo da un anno il sindaco di Livorno Filippo Nogarin, che ha coniato il Tallero. Con un esito identico.

 

Tutte queste monete svolgono la medesima funzione delle tessere fedeltà dei supermercati, che è quella di attirare i clienti con gli sconti, con la differenza che in questo caso si tratta di pezzi di carta anziché tessere di plastica. Ma non è stampando la moneta del sindaco che si produce ricchezza, anche perché nessuno l’accetterebbe al posto degli euro se poi lo stesso sindaco per il pagamento delle tasse pretende gli Euro e non il Napo, il Tallero o il Sesterzio. Più che di monete complementari è il caso che i sindaci si occupino di problemi essenziali: gli autobus in fiamme, l’immondizia per strada, i piccioni per aria e i topi per terra. Come a Roma.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali