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Fallisce la Bari: cronache dalla democrazia diretta a trazione identitaria

Antonio Gurrado

La squadra calcistica del capoluogo pugliese è fallita. I tifosi però preferiscono partire dai dilettanti piuttosto di fondersi col Bisceglie

Cronache dalla democrazia diretta a trazione identitaria, stavolta in salsa calcistica. È fallita la Bari, tragedia, e di fronte alla prospettiva di far sparire il capoluogo pugliese dal settore professionistico si era avanzata un’ipotesi per ripartire, limitando i danni, dalla serie C. Il presidente del Bisceglie Nicola Canonico, la cui squadra galleggia a metà della terza divisione, aveva infatti offerto di cedere il proprio titolo sportivo per fondare una nuova società comune, da denominarsi AS Bari 2018. Meglio di niente. Se non che i tifosi sono insorti e, dalla casa di Canonico allo stadio San Nicola, hanno espresso la propria opinione contraria nei consueti striscioni rimati, in cui dichiaravano in sostanza che il titolo sportivo non doveva muoversi da Bari (anche se a ben vedere si trattava di trasferire a Bari il titolo del Bisceglie, ma sono sottigliezze) e che la loro mentalità esigeva di andare in D da baresi puri anziché restare fra i professionisti da semi-biscegliesi.

 

Ora il sindaco Antonio Decaro, divenuto provvisorio gestore di questo benedetto titolo, ha annunziato che venerdì incontrerà i tifosi in curva Nord per ascoltare le loro voci e ricostruire la Bari grazie ai pareri di ultras, appassionati e passanti. Strano. Da un sindaco del Pd mi sarei aspettato piuttosto che facesse notare come le barricate della gente comune contro una soluzione ritenuta compromissoria ed elitaria certificano che, quando si segue il sentimento popolare, si retrocede sempre fra i dilettanti.

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