Via il menù alla carta, la nuova moda dei ristoranti di lusso è il menù degustazione - o meglio dominazione
La nuova avanguardia autoritaria degli chef stellati è abolire la libertà di scelta dei piatti
Fra le tante abolizioni (abolizione del contante, abolizione dei cassonetti…) che ritmano la riduzione in schiavitù dell’uomo contemporaneo c’è l’abolizione del menù alla carta. Non nei ristoranti normali, o almeno non ancora, ma nei ristoranti dove i ricchi masochisti vedono le stelle: i ristoranti Michelin. All’avanguardia c’è Enrico Crippa del Piazza Duomo di Alba, cuoco magro, cuoco biodinamico, cuoco anti-edonista, cuoco-padrone che il 22 agosto dall’alto delle sue tre stelle abolirà la libertà di scelta dei piatti: si farà come dice lui, soltanto menù degustazione (ma andrebbe chiamato “menù dominazione”).
Al cliente-slave non saranno consentite obiezioni, dovrà tacere e pagare. Io ho già sperimentato un simile brivido qualche settimana fa al Cà Matilde di Quattro Castella (Reggio Emilia), avanguardia di questa avanguardia autoritaria, dove in una sala tipo clinica di lusso ho mangiato benissimo e ne sono rimasto umiliatissimo. Anche lì nessuna possibilità di scelta: per avere diritto alla fantastica bomba di riso ho dovuto subire i pletorici pre-antipasti e pre-dessert, un patetico culatello e un dolce perversamente buono che non avrei ordinato mai, essendo supersazio. Mi sono sentito un sottomesso all’ingrasso. I cuochi più sadici e supponenti ormai somigliano a quegli artisti contemporanei che non accettano indicazioni e pretendono di imporre un’arte del tutto avulsa dai gusti e dai bisogni delle persone. Simili atteggiamenti non sembrino semplici manifestazioni di arroganza: in filigrana vi si legga il “Non serviam” di Geremia 2,20, la superbia dei diavoli.
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