Altro che Gramsci, la sinistra deve ripartire da Nick Hornby
Quando dicono di aver perso la "connessione sentimentale" con il loro popolo, Bersani & co dimenticano che quel popolo, nel frattempo, avrà avuto chissà quanti altri amori
Il bovarista di sinistra lo riconosci da due parole. Vengono dai “Quaderni del carcere” di Gramsci, ma questo ormai se lo ricordano in pochi, tanto che si potrebbe anche stamparle sulla carta velina dei Baci Perugina (nessun riferimento cifrato all’Umbria; non ancora, almeno). Le due parole sono: connessione sentimentale. Dopo ogni batosta elettorale, cioè piuttosto spesso, il dolente bovarista è lì a dirti che la sinistra deve recuperare la connessione sentimentale con il suo popolo, che qualcosa si è spezzato, e che è da lì che bisogna – ferale verbo – “ripartire”. A incarnare l’archetipo politico-letterario sono oggi uomini come Bersani o Cuperlo, ma la storia va avanti da parecchio: è perlomeno dagli anni Novanta che qualcuno si strugge pubblicamente per la perduta connessione sentimentale della sinistra con il “suo popolo”. “C’è tanta gente nostra lì in mezzo”, dice spesso Bersani parlando dell'elettorato grillino. Il tranello bovaristico si annida appunto in quei pronomi possessivi. Non pretendo di emendare Gramsci con Nick Hornby, non sono mica Veltroni, ma rimeditate le prime pagine di “Alta fedeltà”. Il protagonista stila una classifica delle sue delusioni sentimentali, e poi si attacca al telefono per ricontattare una a una le donne che lo hanno lasciato. Almeno però, quando chiama la fidanzatina delle medie, che nel frattempo avrà avuto chissà quanti altri amori, ha il buon senso di non considerarla la “sua” fidanzata. Ecco, l’ho detto: la sinistra deve ripartire da Nick Hornby.