L'avvocato Luca Teleuze
Qualcuno si domandò quale tipo di filosofo fosse il difensore ideale, e si rispose: se fossi innocente, un illuminista; se fossi colpevole, un post-strutturalista francese. Morto Deleuze, gli rimane il noto giornalista
Sul populismo si è fritta molta aria, scoperta molta acqua calda, giocato con il fuoco. Aggiungo un’ideuzza terra terra, per completezza empedoclea. Tutti sembrano concordare almeno su questo, che la retorica populista si fonda sulla semplificazione di problemi complessi. Eppure, scusate, qualcosa non torna. Prendiamo il caso Ilva. Me lo spiega Calenda, me lo spiega Bentivogli, e da profano ho la sensazione inebriante di capirci qualcosa. Poi sento le ragioni dei populisti – lo scudo penale c’entra ma non c’entra però c’entra, c’era un complotto per comprare senza comprare e distruggere comprando – e quel poco che avevo afferrato sfuma in una nebbia di sogno. Oppure: vedo un tizio che si dice fascista, si veste da fascista, grida slogan fascisti. A occhio direi che è un fascista. Ma accendo la tv e sento dire che no, la mia è una banalizzazione, i fascisti esistono solo nella fantasia degli antifascisti che sono i veri fascisti, c’è semmai una domanda di sicurezza, l’orgoglio delle tradizioni, un popolo disprezzato. Perbacco. L’evidenza dei sensi – il tatuaggio del Duce, il manganello – mi aveva ingannato. Ecco, la mia impressione è che la retorica populista complichi le questioni semplici almeno quanto semplifica quelle complesse, alternando le due strategie in vista di un solo fine: scaricare il barile. Qualcuno si domandò quale tipo di filosofo fosse l’avvocato ideale, e si rispose: se fossi innocente, un illuminista; se fossi colpevole, un post-strutturalista francese. Morto Deleuze, gli rimane Telese. Anzi, Teleuze.