Caro Saverio, due cose sui nostri panzoni preferiti
Punti di contatto tra Babbo natale e Alfred Hitchcock
Caro Saverio Raimondo, ho trovato sotto l’albero il tuo libro su Babbo Natale in pensione, “Io esisto”, e in qualità di esperto di un altro panzone devo dirti due cose.
Primo, il tuo Babbo Natale si lamenta con la Coca-Cola Company perché ha venduto la sua bibita “con l’immagine di un vecchio barbone gonfio, spacciato per me”; così lui, glabro e atletico, si è fatto crescere la barba e si è messo all’ingrasso per corrispondere all’immagine. Ebbene, era successo anche all’altro panzone, Alfred Hitchcock, come millantò in un discorso del 1965. Siccome il suo primo cameo, nel “Pensionante”, si annunciava faticoso (doveva salire delle scale), fece assumere una controfigura: “Il casting, con un’insolita mancanza di senso della realtà, assunse questo ciccione! Il resto è storia. LUI divenne l’immagine pubblica di Hitchcock. Cambiare l’immagine era impossibile. Perciò ho dovuto conformarmici”: dieta forzata.
La seconda cosa: il tuo Babbo Natale si ritira, il mio – gli dedicai il mio primo articolo, sul redivivo Riformista – finiva ammazzato in vari modi cruenti. Ebbene, che la cosa riguardasse la morte di Dio o l’avvento di Amazon, entrambi abbiamo colto la madre di tutte le disintermediazioni. Il vegliardo non serviva ad altro, a mediare una generosità asimmetrica – quella dei genitori verso i figli – senza accendere debiti o appiccare il risentimento nei pargoli impotenti. Crescendo, hanno scoperto il mite Grillo redentor e le bufale sul debito di B&B, il bue e l’asinello. Ora però i genitori non venissero a lamentarsi con noi: li avevamo avvisati.