Dubbi sulla legge elettorale
Nella la palude trasformistica del proporzionale c'è la speranza che le sparse rimanenze dell’Italia liberale e garantista non siano spazzate via del tutto
Mentre scrivo, bevo caffè da una tazza bianca con una riga nera disegnata a metà; sopra la riga c’è scritto half empty, sotto la riga pure. Traduce fedelmente i miei stati d’animo rispetto alle opzioni in ballo sulla legge elettorale: un bicchiere mezzo vuoto o mezzo vuoto a seconda della prospettiva deprimente da cui lo osservo. Quando promosse il maggioritario a turno unico, Marco Pannella era ispirato da una generosa visione da millenarista riformatore: le bande partitocratiche che interrompono l’occupazione abusiva delle istituzioni e lasciano spazio a due bei cartelli elettorali all’americana, uno liberalconservatore e uno liberalsocialista (per quest’ultimo aveva approntato il nome fin dai tempi della Bolognina: Partito democratico). Adorabile, donchisciottesco Pannella! Ciò che allora era improbabile – ma ci credetti, e in tanti ci credemmo – è oggi manifestamente impossibile, e il maggioritario potrebbe solo suggellare l’alternanza tra una destra illiberale e una sinistra illiberale, a spese del chimerico centro (di nuovo, half empty/half empty). L’altra metà vuota della tazza è il proporzionale, che al momento viene dato per probabile. E quindi la palude trasformistica, i guasti della partitocrazia senza nemmeno i partiti, il rischio che prima o poi si tenti di uscirne per vie autoritarie. C’è tuttavia, in questo vuoto, una goccia d’acqua potabile – una goccia, non un sorso – ed è la speranza che così, almeno, le sparse rimanenze dell’Italia liberale e garantista non siano spazzate via del tutto. Per il resto, siamo nella tazza. Fino al collo.