Da Todo modo a Tolo tolo
Il precetto di Ignazio di Loyola si adattava fin troppo bene ai gesuitismi e ai tatticismi democristiani. Ma cosa cercano, nell’abbazia di San Pastore, don Nicola e i suoi confratelli?
“Mi scusi: questo è un eremo o un albergo?” domanda il narratore di Todo modo, capitato nello strano luogo dove potrà assistere agli esercizi spirituali dei notabili democristiani in ritiro. “È un eremo ed è un albergo”, si sente rispondere dal prete portinaio. San Pastore non è un eremo, è un ex monastero cistercense convertito in albergo, e a meditare, pregare e flagellarsi ci sono stavolta i chierici penitenti del Partito democratico. Non hanno a dirigerli don Gaetano, il prete nichilista di Sciascia, ma un segretario che pur senza ordinazione è stato benedetto, diciamo così, da una naturale tonsura chiericale. Resta da capire a cosa puntino questi nuovi esercizi spirituali. Il precetto di Ignazio di Loyola – todo modo para buscar la voluntad divina, ogni mezzo per cercare la volontà divina – si adattava fin troppo bene ai gesuitismi e ai tatticismi di un Andreotti, che, come disse Cossiga, credeva in Dio e in nient’altro. Ma cosa cercano, nell’abbazia di San Pastore, don Nicola e i suoi confratelli? Pregano in suffragio dell’anima del governo tanto vanamente invocata, sognano di fondare una chiesa nuova che però riprenda a bordo tutti i vecchi e riassorba lo scisma, si impegnano a vivere secondo il voto di onestà per legarsi perinde ac cadaver agli alleati, ma al tempo stesso, nel silenzio delle loro cellette, ascoltano la voce di quelle sardine che riempiono le piazze contro l’antipolitica. Tutto e il contrario di tutto para buscar la voluntad popular e fare un buon risultato al botteghino. Ma questo non è Todo modo, è Tolo tolo.