Il sangue dei civici
Più che cambiare il partito, l'apertura del nuovo Pd di Zingaretti alla società civile sembra ridursi alla richiesta di energie fresche per prolungare la vita di un ceto dirigente smunto
La somiglianza tra pontefici e segretari del Pci non si limitava alla durata vitalizia della carica. Era anche affare di postura. Quando Berlinguer disse ai giovani contestatori “entrate e cambiateci” non doveva sentirsi così diverso, nello spirito, dal Giovanni XXIII che aveva annunciato di spalancare porte e finestre della Chiesa: il sottinteso, per entrambi, era la certezza di possedere le chiavi del regno. La frase di papa Enrico I l’ha citata ieri Bersani per dire che il Pd non può più permettersi questi inviti munifici, perché la società civile ha voglia di protagonismo. In effetti, un appello più adatto sarebbe “Lasciateci entrare”, che ha l’unica pecca di echeggiare il titolo di un film svedese di vampiri. Ma chi sono, poi, questi “civici” nel cui crogiolo la sinistra dovrebbe ritemprarsi? Al tramonto del suo pontificato Bersani sembrava averlo chiaro. Nel 2013, dopo la vittoria mutilata, ottenne da Napolitano un preincarico esplorativo che interpretò come una visita pastorale nei territori del civismo diocesano: incontrò l’Anci e Legambiente, il Forum del terzo settore e il Club alpino, Confcooperative e una miriade di altre Conf. Lo spirito era ancora quello dell’esortazione apostolica “entrate e cambiateci”, ma gli anni seguenti avrebbero svelato quanto il partito riluttasse a farsi cambiare. Tutto questo per dire che, conoscendo i miei papi, temo di sapere a cosa si ridurrà l’apertura del partito nuovo di Zingaretti: a una richiesta di sangue civico fresco per prolungare la vita di un ceto dirigente smunto. E i conti tornano anche con il film di vampiri.