Fascismo e antifascismo, versione trash
Da un lato la scimmiottatura del discorso del Duce su Matteotti, dall’altro una tragicomica parodia dell’Aventino
Il caso, che è imbeccatore discreto ma infallibile, ha voluto che proprio ieri ricevessi un libro che inseguivo da anni: “Andy Warhol era un coatto” di Tommaso Labranca, pubblicato da Castelvecchi nel 1994, all’alba del ciclo politico-antropologico in cui siamo tuttora immersi. Il volumetto porta il sottotitolo “Vivere e capire il trash”, ed è un primo (ancorché insuperato) tentativo di teorizzare sulla nostra inquietante attrazione per la spazzatura. Il trash, dice Labranca, si può definire come l’emulazione fallita di un modello alto; e il pattume culturale che si ammucchia intorno alle nostre menti non è che il residuo della sottrazione tra la grandiosità delle intenzioni e la goffaggine del risultato. Nel libro c’è anche un’impietosa galleria fotografica di modelli ed emuli, che si apre con Elvis Presley e Little Tony e si chiude con Bill Clinton e Mariotto Segni. In effetti, il 1994 in cui scrive Labranca è anche l’anno in cui il nostro star system, piccola galassia colonizzata da insiemi stellari più grandi, trasloca per intero dallo spettacolo alla politica. Per un caso felice, dicevo, il libro mi è arrivato proprio ieri, mentre andava in scena un conflitto di emulazioni fallite. Da un lato la scimmiottatura del discorso del Duce su Matteotti (“Sono io, o signori, che levo in quest’Aula l’accusa contro me stesso”), dall’altro una tragicomica parodia dell’Aventino. Fascismo e antifascismo hanno fatto il loro ingresso trionfale nell’epoca del trash. Non lamentiamoci, poi, se le sardine si definiscono i partigiani del 2020.