Il problema di Salvini è che si è citofonato da solo
L’ex ministro dell’Interno credeva di fare il cacciatore di criminali. Non sapeva che pigiando quel tasto stava designando se stesso come preda
Il problema di Salvini è che si è citofonato da solo. Suona oscuro, vero? Per sbrogliare la matassa bisogna partire da lontano, da molto lontano, e precisamente dal finale delle Eumenidi di Eschilo, nel momento in cui il coro dice: “Ma mutue gioie si ricambino con animo concorde i cittadini, e con un sol cuore abbiano odio: questo di molti mali è rimedio ai mortali”. Le discordie si medicano con un odio concorde. Il guaio italiano, da trent’anni almeno, è che l’oggetto designato di quest’odio corale è il ceto politico, nella figura del suo capo più esposto. Gli assennati del poi ci spiegano oggi che Salvini ha sbagliato nel trasformare le elezioni emiliane in un referendum su di sé, come già Renzi. Poteva fare altrimenti? Ne dubito. La scambievolezza del sovrano e del capro espiatorio è faccenda antichissima, ma nell’Italia attuale assumere il comando equivale a tracciarsi sul petto una croce a favore di cecchini. Un vecchio capolavoro del cinema, “The Wicker Man” (1973), ci è perfino più utile di Eschilo. Qui un poliziotto è convocato su un’isola delle Ebridi perché si metta sulle tracce di una bambina smarrita. Indaga, interroga, accusa. Troppo tardi scopre che è un’altra la ragione per cui è stato chiamato: è la vittima ideale di un sacrificio umano celebrato da tutta la comunità, perché “ha il potere di un re, rappresentando la legge”. L’ex ministro dell’Interno credeva di fare il cacciatore di criminali. Non sapeva – ironia drammatica – che pigiando quel tasto stava designando se stesso come preda. Il problema di Salvini è che si è citofonato da solo.