È lecito comparare lager e gulag?
Cvetan Todorov propose di fissare i termini della questione su una specie di quadrato aristotelico
È lecito comparare lager e gulag? Cvetan Todorov propose di fissare i termini della questione su una specie di quadrato aristotelico. I carnefici nazisti sono favorevoli al paragone, perché gli serve come attenuante; le loro vittime lo rifiutano, perché vedono ridimensionata l’unicità della loro vicenda; anche i carnefici sovietici rifiutano il paragone, non tollerando di essere accostati all’infamia del male incommensurabile; le vittime dei gulag sono invece a favore, per non vedere sminuite le loro sofferenze. Ci ripensavo leggendo la sintesi del rapporto Eurispes, secondo cui negli ultimi quindici anni si è più che quintuplicato il numero degli italiani per cui la Shoah non è mai accaduta. Ebbene, è lecito accostare il negazionismo ad altre teorie del complotto? I propugnatori di strampalerie sull’11 settembre, sull’allunaggio o sulla sostituzione etnica si oppongono al paragone con le stesse ragioni dei carnefici sovietici (provate a dire a Giulietto Chiesa o alla Meloni che, in altri ambiti, ragionano esattamente come i negazionisti della Shoah: vi quereleranno), ma chi abbia studiato il cospirazionismo sa bene che un complotto chiama l’altro, e che le spire della paranoia, dovunque siano scaturite, arriveranno presto o tardi ad avvolgere anche le camere a gas. Tutto questo per dire che non mi stupirei se saltasse fuori che l’aumento del negazionismo è andato di pari pascolo con la mandria delle altre bufale. E non certo per sminuire la più ripugnante delle teorie del complotto, ma per ribadire che la battaglia è una sola, e la si combatte su più fronti.