Caro Giuliano, una barbarie con lodo resta una barbarie
La risposta di uno della "banda di ex radicali sciamannati" che si impuntano sulla prescrizione
Caro Giuliano, il paterno rimbrotto alla “banda di ex radicali sciamannati” (Laura Cesaretti, Christian Rocca ed io) che si impuntano sulla prescrizione, fiat iustitia (iusta) et pereat Bisconte, merita una filiale e un po' canagliesca risposta, se c’è della canaglieria nel togliere di pugno le armi all’interlocutore e puntargliele contro, con l’aggravante bruta del tu quoque. Quarant’anni fa un autore che forse ti è caro, e che di certo è caro a qualcuno della banda di sciamannati di cui entrambi a diverso incomparabile titolo ci onoriamo di far parte, il cattolico Emanuele Samek Lodovici, ricordava, come esemplificazione dell’iperpoliticismo regnante nei mass media, un articolo apparso “su un numero del radicale l’Espresso” nell’estate del 1977, nel quale la bocciatura in Senato, per pregiudiziale d’incostituzionalità, della legge a favore dell’aborto (eccola, la mia canaglieria filiale) era ricondotta a meri calcoli elettorali, beghe tra correnti, franchi tiratori, scaramucce tra capi e sottocapi: “All’estensore dell’articolo non è passato neppure un attimo per la mente che il voto contrario a una legge omicida potesse essere dettato, almeno in alcuni, da ragioni di coscienza”. In quella stessa pagina (il libro è “Metamorfosi della gnosi”, 1979), Samek Lodovici aveva appena scritto, commentando Aristotele: “Non è possibile stabilire il medio tra una virtù e un vizio, tra un difetto e una qualità. La mediazione tra la magnanimità e la meschinità non è una meschinità in tono minore”. E una barbarie con lodo resta una barbarie.