Le liti nel governo sono la riproposizione di uno schema ben noto
Cosi come i comunisti sceglievano i democristiani e accusavano i socialisti di remare contro l'unità della sinistra, così il piddino oggi sceglie i grillini e accusa i renziani di fare un favore a Salvini
Su una parete le gigantografie di Moro e Berlinguer, sulla parete opposta il faccione di Renzi, tutti e tre rigorosamente in bianco e nero. La galleria di ritratti che adorna la sede appena inaugurata di Italia viva in via dei Cappellari si presta a molte letture. La più stupidina – ecco, quel megalomane si mette sullo stesso piano dei padri della patria! – è anche la più diffusa, e infatti ci si sono avventati sopra come insetti famelici. Una seconda lettura, meno corriva, potrebbe suonare così: grande è la confusione culturale sotto il cielo dopo la cancellazione delle tracce della tradizione socialista, se i riformisti corrono a mettersi al riparo di Lari e Penati del tutto incongrui. Preferisco però suggerire una terza lettura, e riconoscere in quel muro a muro tra i due, del compromesso storico da un lato e il fu rottamatore dall’altro, la riproposizione di uno schema ben noto, che risale alla sciagurosa stagione berlingueriana, ma che in queste settimane è tornato cruciale per capire gli attori in scena e le loro mosse. È uno schema che Massimo Bordin descrisse grosso modo con queste parole: tra un democristiano e un socialista, il comunista sceglie sempre il democristiano, salvo poi accusare il socialista di remare contro l’unità della sinistra. Cambiano le triadi, si abbassa drasticamente la statura dei capi, al posto del compromesso storico c’è uno sgorbietto stagionale, ma il riflesso condizionato è sempre quello, identico: tra un renziano e un grillino, il piddino sceglie sempre il grillino, salvo poi accusare il renziano di fare un favore a Salvini.