L'esperimento del coronavirus
Oggi il coronavirus mette alla prova la polemica dandy contro i “competenti” e la pilatesca condiscendenza sulla questione delle fake news
Giochiamo al piccolo chimico? Lo so, vi stavate divertendo da matti a giocare all’epidemiologo ipocondriaco, ma fidatevi, il mio gioco è più utile e anche meno ansiogeno. Si tratta, in breve, di osservare come reagiscono certi materiali in condizioni estreme di temperatura e di pressione. A volte rivelano proprietà sconosciute, altre volte si disintegrano. Dopo l’11 settembre, per esempio, in molti scrissero che quell’irruzione congiunta della Realtà e della Storia aveva fatto crollare in un sol colpo il postmodernismo filosofico e le teorie di Fukuyama, mostrandone tutti i difetti di fabbricazione. Oggi il coronavirus mette alla prova materie più vili, maneggiate tuttavia anche da ingegni fini, come la polemica dandy contro i “competenti” e la pilatesca condiscendenza sulla questione delle fake news. Hanno detto per anni che la verità è una chimera da secchioni e la competenza un mito da epistocratici; si sono dedicati a ingigantire le sviste degli esperti e a stendere favolose arringhe per far suonare plausibili le affabulazioni dei balordi, equiparando gli uni agli altri. Ebbene: oggi, in condizioni estreme, quando è questione di vita o di morte, tutti quei castelli di parole sono ridotti a “sofismi di cenere”, per usare l’antica formula del libro di Giobbe. Poi certo, passata l’emergenza troveranno modo di rappattumare il rappattumabile, perché non è mai vero che “nulla sarà più come prima”. Ma noi, che avremo giocato al piccolo chimico, ci ricorderemo l’esperimento del coronavirus che rivelò in quei materiali insospettate riserve di stronzio.