E’ cosa comune in Germania ragionare sul presente soppesando le eredità del nazismo. In Italia, invece, abbiamo preferito fare i conti col passato attraverso il melodramma familiare
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Le parole di Elio Lannutti sui nipotini di Hitler mi suonavano familiari. Non tanto perché le aveva usate lui stesso, in forma perfino più truce, in un libro del 2013, “Cleptocrazia” (“In Europa i nipotini di Hitler chiedono di confiscare i conti correnti, come facevano le SS durante l’occupazione nazista”); no, quello è merito dei motori di ricerca, sono un lettore onnivoro ma non fino all’ingurgitazione volontaria di spazzatura. Quelle parole mi suonavano familiari per via di un altro libro letto molti anni fa, “Hitlers Enkel – oder Kinder der Demokratie?” (2001), a cura di Hans-Jürgen Wirth. Nipoti di Hitler o figli della democrazia? Era un libro sulla generazione del Sessantotto e sui terroristi della Baader-Meinhof, nato dal dibattito sulla giovinezza militante di Joschka Fischer, allora ministro degli Esteri. E’ cosa comune, in Germania, ragionare sul presente usando la chiave del conflitto tragico tra le generazioni, soppesare le eredità del nazismo di volta in volta accolte, rimosse, rinnegate con violenza, incorporate inconsapevolmente. Tutto questo per dire che lì un tipo come il senatore Lannutti, che imbratta internet propagando l’immonda diceria dei Savi di Sion, lo additerebbero senza esitazione come nipotino di Mussolini, anzi che dico: come il nipote modello. In Italia, dove alla tragedia dei padri e dei figli abbiamo preferito il melodramma familiare come via alla (omessa) resa dei conti col passato, questo non accade. Anche perché la nipote di Mussolini è ospite fissa in tv.