Il Pd e la delirante strategia da togliattismo intristito
Una cosa buona, una sola, aveva fatto Salvini, ridurre il M5s al lumicino; e una cosa buona, una sola, stava facendo il M5s, autodistruggersi. Il partito di Zingaretti lotta con tutte le sue forze per vanificarle entrambe
Il delirio di onnipotenza balneare di Matteo Salvini è stato fermato, letteralmente sul bagnasciuga, da un altro a cui pensosi conciliaboli di improvvisati psichiatri politici avevano diagnosticato per anni lo stesso disturbo della personalità, Matteo Renzi. Sono categorie sciatte e pigre, che rivelano più sull’antirenzismo e l’antisalvinismo di quanto non ci dicano su Renzi e Salvini. Ma anche a volerle prendere per buone, ci tocca concludere che siamo stati salvati dai deliri di onnipotenza per finire impastoiati nel delirio d’impotenza. Non c’è altra formula per descrivere l’inibizione politica del Pd di Zingaretti, l’esasperante pavidità e la rinuncia all’azione gabellate per prudenza, realismo o addirittura per senso di responsabilità nazionale. Maniacalmente preoccupati di non indispettire l’alleato si sono caricati di tutto il male fatto dal governo gialloverde per assommarvi nuovo male, dal taglio dei parlamentari alla riforma della prescrizione, e trattano da provocatore o da seminatore di zizzania chiunque si frapponga all’incontro storico tra le masse democratiche e le masse grilline, questa delirante strategia da togliattismo intristito. A questo punto non è più da chiedersi se la conversione del Pd al casaleggismo sia spontanea, forzata o sia il risultato di una sindrome di Stoccolma governativa. Contano i fatti, e i fatti sono questi: una cosa buona, una sola, aveva fatto Salvini, ridurre il M5s al lumicino; e una cosa buona, una sola, stava facendo il M5s, autodistruggersi. Il Pd di Zingaretti lotta con tutte le sue forze per vanificarle entrambe.