Grillo recita tutti i ruoli pur di sfuggire alla responsabilità
La persistente, esasperante ambiguità della sua figura certifica impietosamente la bancarotta di un intero ceto politico, intellettuale e soprattutto giornalistico
Scusate se ingrano la retromarcia, ma qui bisogna muovere dall’effetto alla causa, dal condizionato alla condizione, altrimenti non si capisce nulla e si va a sbattere contro un muro. Prima di chiederci se le idee di Beppe Grillo sulla rete unica e Open Fiber siano giuste o sbagliate, sagge o farneticanti, dovremmo farci un’altra domanda: a che titolo Grillo dice le cose che dice? Ma neppure questo basta, e serve un altro tratto in retromarcia. Perché prima di chiederci se a parlare sul futuro delle telecomunicazioni sia il comico o il politico, il filocinese o il filodrammatico, il signorotto che a tempo perso cura un blog dalla sua villa a Bibbona o il garante del M5s che orienta decisioni e nomine, dovremmo chiederci: com’è possibile che dopo più di dieci anni stiamo ancora qui a farci questa domanda? La persistente, esasperante ambiguità della figura di Grillo certifica impietosamente la bancarotta di un intero ceto politico, intellettuale e soprattutto giornalistico; perché Grillo, ragazzino malcresciuto che saltabecca da un registro all’altro per sfuggire sistematicamente alla responsabilità, che recita tutte le parti in commedia – inclusi il suggeritore, l’impresario, il regista e lo spettatore in platea – pur di non scegliere un ruolo che lo esponga al giudizio democratico, fa solo quello che anno dopo anno un sistema suicida gli ha consentito di fare. Quindi non parlateci della banda ultra-larga e del 5G. Parlateci della posizione da cui Grillo manda i suoi papelli. Parlateci di Bibbona.