IL BI E IL BA
Fascismo e filologia
Come un riflesso condizionato, a ogni stupidaggine di destra segue l'articolata giustificazione di Salvini e Meloni. Il fascismo degli antifascisti è la vera boiata pazzesca
Ma quale fascismo, il “me ne frego” del candidato casertano di FdI è un motto di D’Annunzio. Ma quale fascismo, il Colosseo Quadrato dell’Eur era uno sfondo come un altro per lo spot di Giorgia Meloni con il pronipote del Duce. Ma quale fascismo, la triade Dio Patria Famiglia è solo e soltanto Mazzini, lo dice sempre la Meloni. Ma quale Mussolini, il “molti nemici molto onore” di Salvini era una citazione di Giulio Cesare, anzi di Georg von Frundsberg.
Ma quale nazismo, quella è la bandiera della marina del Kaiser Guglielmo II. Ma quale antisemitismo, chiamare l’ebreo Soros “usuraio” (ancora Meloni) è solo un modo un po’ colorito per dire “investitore”.
Il giochino va avanti da anni, e funziona come un orologio svizzero: gli uni ammiccano, gli altri abboccano; gli uni allora trasecolano e accludono noticina filologica, gli altri fanno la figura dei secchioni privi di spirito e per giunta ignoranti. Seguono dichiarazioni esasperate dei capi della destra, che si dicono stanchi di dover rispondere di vicende di ottant’anni fa (cosa ovviamente falsa: se davvero fossero stanchi, non ammiccherebbero).
E alla fine della fiera arriva il liberale di Pavlov o il conservatore del pas d’ennemi à droite che, con l’aria di chi stia passando un samizdat tra le maglie strette dell’egemonia comunista, ti rifila la solita minestra del fascismo degli antifascisti e della demonizzazione dell’avversario. Siccome è evidente che non ce ne libereremo presto, propongo di portarci avanti col lavoro: ma quale nazismo, Arbeit macht frei è il titolo di un romanzo di Lorenz Diefenbach del 1873.