Quante amicizie frantumate dalla politica
La crepa che ha prodotto lo schierarsi pro o contro Trump, pro o contro Brexit, si è fatta così profonda da intaccare rapporti che parevano indistruttibili
Aspettando di leggere il libro di Anne Applebaum, “Twilight of Democracy”, merita due parole il sottotitolo, “The Failure of Politics and the Parting of Friends”. Già, la separazione degli amici. La crepa che la politica ha aperto nelle nostre società – pro o contro Trump, pro o contro Brexit, pro o contro le democrature dell’est – si è fatta così profonda da intaccare amicizie che parevano indistruttibili. Applebaum, con felice espediente romanzesco, alza il sipario su una festa, quella che lei, figlia dell’establishment repubblicano, e il marito, allora membro del governo polacco conservatore, ospitarono per il capodanno del 1999. Ebbene, molti degli invitati di allora non oserebbero, oggi, metter piede in casa sua, e d’altro canto lei non ce li vorrebbe. Come continuare a frequentare un amico che si fa bello in televisione con teorie cospiratorie antisemite quando la propaganda governativa ti dipinge come la coordinatrice ebrea di attività antipolacche? Non così da noi. Qualcuno ha detto che in Italia la rivoluzione non si può fare perché ci conosciamo tutti. E in effetti lo schema di Don Camillo e Peppone, dove i bisticci politici sono una tenue mano di vernice su innocue rivalità di paese, ha retto fino a tempi recenti: lo snobismo di sinistra verso i berlusconiani, il risentimento della destra verso i “comunisti”. Oggi però temo che sia diverso. Per quel che conta la mia testimonianza, la politica ha incrinato negli ultimi sette anni più amicizie che nei precedenti trentasette. Forse perché le dispute non riguardano più la vernice, ma il legno vivo.