Il romanzo incompiuto di Zingaretti
Ha inseguito per anni la segreteria del Pd e adesso sembra non sapere cosa farci
Mi capita più o meno tutti i giorni. Mi alzo dalla scrivania per andare a fare qualcosa, procedo a passi baldanzosi, e arrivato sulla soglia dell’altra stanza mi sorprendo a chiedermi, in un momento di abissale stordimento: che cavolo ci sono venuto a fare qui? E’ che me lo scordo durante il tragitto. Capite bene che, incostante e smemorato come sono, non posso che ammirare gli uomini perseveranti che si mettono in testa una cosa, non importa se buona o malvagia, e la perseguono per una vita. Pensate al Conte di Montecristo. Quattordici anni di prigionia con un pensiero fisso, la vendetta. Un piano meticoloso ed elaboratissimo. Scappato dal carcere, torna a Marsiglia, ma fa passare altri dieci anni prima di attuarlo. Questa sì che è tenacia. E’ uno schema che si potrebbe applicare a tanti capi politici – liberatori, tiranni o entrambe le cose: una lunga marcia che passa per la derisione, la prigionia, gli inciampi, i fallimenti, ma che culmina nel trionfo finale. Non per caso le loro biografie sono appassionanti come romanzi. Ora, prendete Nicola Zingaretti. La sua corsa parte da lontano. Comincia a far politica giovanissimo: la Fgci, le organizzazioni giovanili, la politica locale; poi il Parlamento europeo, la presidenza della provincia, infine la regione. I primi rumor che lo davano per futuro segretario del partito risalgono addirittura a dieci anni fa, e da allora si sono fatti via via più insistenti. E io vorrei tanto appassionarmi al romanzo dell’uomo che ha inseguito per dieci anni la segreteria del Pd, ma lui prima deve togliermi un dubbio: esattamente, per fare cosa?